Fra poco più di sei mesi dovremo dire addio alla quota 100, la misura che ha permesso per un triennio il pensionamento a 62 anni e con soli 38 anni di contributi. Il Governo al riguardo è stato chiaro, la misura non sarà prorogata e alla sua naturale scadenza sarà mandata in soffitta. Proprio per questo è necessario che l’esecutivo garantisca ai lavoratori flessibilità in uscita per non dover far loro affrontare lo scalone di 5 anni che li riporterebbe alle rigide regole della Legge Fornero.
I negoziati che erano iniziati lo scorso anno con il governo Conte bis, con i cambi al vertice che hanno portato al governo Mario Draghi hanno subito un brusco stop e non sono più ripresi.
Dopo molte pressioni da parte dei sindacati il Ministro del Lavoro Andrea Orlando si è detto disponibile ad una serie di tavoli di confronto che, però, non sono ancora iniziati. Visto, però, che la riforma degli ammortizzatori sociali è prevista per luglio, molto probabilmente la riforma pensioni slitterà in autunno per essere inserita nella Legge di Bilancio 2022.
Per approfondire proponiamo la lettura della nostra guida: Pensione: tutto quello che c’è da sapere, la guida
Riforma pensioni ed ipotesi
Le ipotesi più gettonate al momento sembrano essere la quota 41 per tutti indipendentemente dall’età e senza paletti, la quota 102, con 64 anni di età e 38 anni di contributi, la quota 92 riservata solo a lavoratori gravosi e donne che prevede un ricalcolo interamente contributivo e 62 anni di età con 30 anni di contributi. A queste misure si aggiunge, poi, il potenziamento del contratto di espansione.
Ma se ci sono misure gettonate, ci sono anche quelle ipotizzate e già scartate. La prima in assoluto è l’eventuale proroga della quota 100 che, ormai è certo, non ci sarà.
Sembra essere stata messa da parte anche la penalizzazioni da applicare a chi decideva per un pensionamento anticipato con un ricalcolo interamente contributivo (che ricordiamo in alcuni casi comporta il taglio di un terzo della pensione spettante) visto che piace pochissimo ai sindacati. A questa penalizzazione sembra essere stata preferita la penalizzazione percentuale per ogni anno di anticipo con un taglio fino al 6% (decisamente più accettabile del 30%).
Scartata al momento, perchè troppo costosa per le casse dello stato, la pensione a 62 anni proposta dalle parti sociali senza penalizzazioni o ricalcoli. Ma è stata messa da parte anche la proposta di Tridico della pensione a 2 tempi: uno a 62 o 63 anni con la liquidazione della sola quota contributiva della pensione ed uno a 67 anni, quando alla quota contributiva si sarebbe aggiunta anche quella retributiva. La misura non è piaciuta neanche uno pò ai sindacati che l’ hanno ritenuto inaccettabile.
Riforma pensioni no a 62 anni
“Non siamo d’accordo con l’introduzione di nessun sistema di penalizzazione nel calcolo dell’importo della pensione. Tanto meno, per questo, ci piace l’ipotesi di spacchettare in due l’assegno come propone il presidente Inps Tridico. Ma apprezziamo che finalmente ci siano più soggetti a immaginare una flessibilità nel pensionamento che parta da 62 anni . E’ importante che si avverta l’esigenza di un sistema flessibile di uscita: Per questo occorre costruire un ragionamento con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando”, afferma Roberto Ghiselli, segretario Cgil, aggiungendo che “La nostra richiesta di uscita a partire dai 62 è assolutamente sostenibile da un punto di vista finanziario tanto più ora che ci si rivolge a quelle generazioni le cui pensioni saranno calcolate prevalentemente o esclusivamente con il metodo contributivo che non si traduce più in un costo aggiuntivo per lo Stato ma rappresenta solo un diverso modo di distribuire il costo pagato dal lavoratori con i propri contributi”
“La proposta Tridico è estemporanea e fuori da ogni realtà. E‘ un esercizio di fantasia sulle spalle dei futuri pensionati e sarebbe l‘ennesima ingiustizia inflitta ai lavoratori italiani“, ha commentato il segretario confederale Uil, Domenico Proietti.
Il segretario confederale CISL, Ignazio Ganga, poi, sottolinea l’inidoneità della proposta: “L’idea di una pensione pagata in due rate non ci sembra idonea. Ma la flessibilità per andare in pensione è un’esigenza colta da tutti, anche dal presidente Inps. Il come sarà costruita dovrà essere oggetto di un confronto con il Governo. E’ per questo che siamo fiduciosi”.
Riforma pensioni senza grossi cambiamenti
Quello che deve essere assicurato ai lavoratori italiani è una sorta di sicurezza, una garanzia almeno per 10 anni che non si saranno scossoni nei pensionamenti con regole certe e senza ulteriori interventi normativi che le sconvolgano di anno in anno.
I lavoratori vivono in una perenne incertezza che quello che oggi è valido domani non lo sarà più e proprio per questo tendono ad avere fretta ad uscire dal mondo del lavoro, prima che un intervento normativo sconvolga la possibilità di pensionamento raggiunta.
Nella prossima legge di Bilancio, in ogni caso, si dovrà tenere conto anche della ristrutturazione post COVID 19 e si dovrà cercare di garantire anche ai giovani, quelli che ricadono interamente nel sistema contributivo, le stesse regole di pensionamento che riguardano chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, compresa l’integrazione al trattamento minimo per evitare pensione al di sotto della soglia dei 500 euro.
Quello che in ogni caso è attualmente una certezza è che chi esce prima dal lavoro avrà una pensione meno vantaggiosa perchè ne fruirà per un maggior numero di anni mentre chi permane al lavoro fino ai 67 anni avrà un calcolo più vantaggioso perchè fruisce del trattamento per un numero minore di anni. Proprio su questo meccanismo è basato il sistema di calcolo della pensioni: in parte sui contributi versati ed in parte sull’aspettativa di vita al momento della quiescenza.
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Quali misure?
Abbiamo già una quota 87, anche se molti non la considerano. Si tratta della pensione di vecchiaia che richiede almeno 67 anni di età ed almeno 20 anni di contributi. Su questa misura, però, influisce l’Adeguamento all’aspettativa di vita Istat.
Rendendo però stabile la pensione anticipata ordinaria, estendendo il blocco all’adeguamente anche oltre il 2026, si avrebbe una pensione indipendentemente dall’età con 42 anni e 10 mesi di contributi, per le donne un anno in meno, e la pensione precoci sempre con 41 anni di contributi.
Si potrebbero prevedere sconti ed agevolazioni per le categorie da tutelare come le mamme (concedere 8 mesi di sconto per ogni figlio avuto), i precoci (valutare il 25% gli anni di lavoro svolto tra i 17 e di 19 anni di età) e caregiver (con un anno di sconto ogni 5 anni di lavoro di cura familiare svolto).
Rafforzando Ape Sociale e opzione donna si potrebbe avere una rosa di pensionamenti per tutti i gusti che consentirebbe anche l’uscita con una certa flessibilità senza l’introduzione di una nuova misura sperimentale che potrebbe solo destabilizzare i lavoratori.
Pensione quota 92
Della quota 92 si era parlato un pò di tempo fa, poi la misura era rispuntata lo scorso marzo, rilanciata da Graziano Delrio. Ma di cosa si tratta esattamente e perchè fino ad ora non è stata considerata?
Una pensione a 62 anni con 30 anni di contributi sarebbe accessibile a gran parte dei lavoratori: un’età ancora abbastanza giovane e un numero di anni di contributi che è facilmente raggiungibile. Una misura, quindi, con un meccanismo non troppo dissimile dalla quota 100 con requisiti certamente meno rigidi
E la quota 92 proprio per questo motivo piace ai lavoratori. Ma non piace al governo. Permettere un anticipo così ingente a una larga scala di lavoratori, infatti, comporterebbe esborsi per le casse dello stato di certo non indifferenti. Si tratta, quindi, di una misura davvero non sostenibile senza prevedere delle penalizzazioni.
E si sono proposte anche le penalizzazioni: un ricalcolo contributivo dell’intero assegno previdenziale che pone la quota 92 sullo stesso piano dell’opzione donna con la sola differenza che la misura sarebbe aperta a tutti, uomini e donne, e che richiederebbe meno anni di contributi.
Un’altra tipologia di penalizzazioni prevista è quella di applicare una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo: il 15%, quindi se di accede a 62 anni, il 12% se si accede a 63 anni, il 9% per chi accede a 64 anni, il 6% a chi accede a 65 anni e solo il 3% per chi anticipa solo di un anno a 66 anni.