Il governo ormai sembra aver deciso di riaprire bar e ristoranti dal 26 aprile anche di sera. SI sta discutendo sul coprifuoco e su altri parametri relativi a quello che dal governo sembra essere una grande concessione per il settore dei Pubblici Esercizi, ma che per molti addetti ai lavori non lo è.
Una decisione quella del governo che nasconde dentro tante sfaccettature che rendono questo riaprire piuttosto limitato. E al riguardo vanno messe in evidenza anche le parole e la presa di posizione che proviene da una delle più importanti associazione di settore, cioè la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), come si legge su un articolo del quotidiano “Il Sole 24 Ore”.
Perché le riaperture sembrano discutibili?
Riaperture si ma solo in zona gialla perché il Covid continua ad imperversare, a fare contagi, ricoverati e soprattutto a mietere vittime. Fin qui tutto ok perché, escludendo negazionisti e superficiali, il fatto che il Covid continui ad essere pericoloso sembra un dato di fatto.
Il fatto che si possa riaprire solo se in zona gialla può essere facilmente digeribile dai più, accettabile anche se molti esercenti considerano le chiusure sbagliate dal momento che si sentono in grado di ripartire in sicurezza con i protocolli giusti.
Ciò che non va giù è che le riaperture saranno possibili, fino al coprifuoco delle 22:00 (o delle 23:00 se passerà la linea leghista), sono per chi ha spazi all’aperto dove mettere i tavolini. Perché probabilmente anche al bar il caffè al banco non sarà possibile.
Ed è proprio sul fatto che non tutte le attività hanno spazi fuori che la Fipe recrimina e contesta. Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi, “riaprire solo le attività che hanno i tavolini all’esterno significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi. Il 46,6% dei bar e dei ristoranti della penisola infatti non è dotato di spazi all’aperto e questa percentuale cresce nei centri storici delle città nei quali vengono applicate regole stringenti”.
Le riaperture vanno ridiscusse
Ma non né solo dalla Fipe che arrivano i moniti verso le nuove misure che il governo pare intenzionato a concedere. “A registrare un rallentamento delle restrizioni, lunedì, sarà meno di un ristorante o pub su due, quelli che hanno a disposizione uno spazio all’aperto da dedicare al consumo. E tra i quasi 150mila bar la quota è ancora inferiore”, sono queste le parole per esempio, di Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti.
E riaperture dei locali al chiuso, sempre se in zona gialla, non dovrebbero essere autorizzate prima di giugno, perché così ha confermato il Presidente del Consiglio, Mario Draghi.
Aumentano i costi per attività già al lastrico
Dopo mesi di mancati guadagni, dopo ristori pressoché irrisori, ai pubblici esercizi privi di spazi all’aperto (ma anche a quelli che li hanno perché utilizzare solo questi posti presuppone la necessità di allargare ove possibile gli spazi), potrebbe venire richiesto un nuovo esborso di soldi che non tutti potrebbero permettersi.
Come si legge sul Sole 24 Ore, “il prezzo dei dehors varia in base al tipo di materiale, alla superficie, alla marca, al trasporto e alla dimensione. Inoltre, ci sono altre variabili che modificano il prezzo: la struttura può essere realizzata con pedane, pavimenti in legno, ringhiere in metallo, paraventi, copertura in metallo o tendonata, fino al riscaldamento a pavimento. Costruire una struttura esterna va da un minimo di 1.200 euro per i manufatti più leggeri, fino a raggiungere anche i 20/25milla euro per i dehors extra-lusso”.
Ciò significa che verranno richiesti nuovi esborsi alle attività, che già in passato hanno dovuto spendere soldi per attenersi alle disposizioni per le riaperture della scorsa fine primavera (quando si parlava invece di plexiglass e divisori).