Torna attuale la rivalutazione delle pensioni. Ogni anno, con il rateo di pensione di gennaio ecco il consueto adeguamento al tasso di inflazione.
Il meccanismo della rivalutazione, che servirebbe sulla carta per non far perdere potere di acquisto alle pensioni, torna ad essere sotto osservazione.
Perché come sempre è un meccanismo che tutela le pensioni più basse ma che allo stesso tempo penalizza con aumenti inferiori al tasso di inflazione, le pensioni più alte.
E con tagli crescenti in maniera tanto maggiore quanto più alta è la pensione. Così ha funzionato sempre, ma con regole variabili da un anno all’altro ed in base alle decisioni dell’esecutivo.
E sono le regole adottate per gli adeguamenti del 2023 e del 2024 ad essere tornati d’attualità.
Dopo ciò che accadde sul finire del 2024 quando fu chiesto alla Consulta un parere sulla costituzionalità del meccanismo adottato, con un esito sorprendente a febbraio 2025, ecco che si torna di nuovo davanti ai giudici costituzionalisti.
Arretrati pensioni 2023 e 2024 per la rivalutazione, novità
Un ricorso alla Corte Costituzionale che chiedeva di dichiarare incostituzionale la rivalutazione delle pensioni ridotta per titolari di assegni più elevati, ottenne un esito negativo a inizio 2025.
Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è accaduto e cosa sta per succedere di nuovo.
Da anni il taglio della rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione, per le pensioni più alte fa parte della normalità. Il governo nel 2025 ha adottato un meccanismo diverso e meno rigido dal punto di vista dei tagli. Con il 100% di rivalutazione che è rimasto appannaggio dei pensionati con redditi fino a 4 volte il trattamento minimo.
Mentre per le pensioni sopra 4 e fino a 5 volte il minimo e solo sulla parte di pensione dentro questa forbice, la rivalutazione è stata messa al 90% del tasso di inflazione, e per la parte ancora più alta di 5 volte il minimo al 75%.
Nulla a che vedere con ciò che fu fatto nel 2024 (e anche nel 2023) con le seguenti fasce le cui percentuali si applicavano sull’intero importo della pensione e non sulla parte eccedente:
- pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo aumento del 100% del tasso di inflazione;
- 85% del tasso di inflazione per pensioni sopra 4 volte il trattamento minimo e fino a 5 volte;
- 53% del tasso di inflazione per pensioni sopra 5 volte il trattamento minimo e fino a 6 volte;
- 47% del tasso di inflazione per pensioni sopra 6 volte e fino a 8 volte il trattamento minimo;
- 37% del tasso di inflazione per pensioni sopra 8 volte e fino a 10 volte il minimo;
- 22% del tasso di inflazione per pensioni sopra 10 volte il trattamento minimo.
Nuovo ricorso alla Consulta per il taglio della rivalutazione, ecco cosa può succedere adesso
Per via di questi meccanismi, pare che lo Stato ha ricavato da questa rivalutazione un totale di 10 miliardi nel 2023 e nel 2024.
Ed è questo che adesso la Consulta potrebbe decidere di far diventare rimborsi spettanti ai pensionati. Perché il ricorso dello scorso anno (fu un ex dipendente pubblico a proporre ricorso) non ha sortito gli effetti sperati.
E adesso la situazione torna sul banco della Corte Costituzionale. Il Tribunale di Trento infatti ha chiesto il parere di incostituzionalità alla Consulta di nuovo per la questione della rivalutazione tagliata.
I calcoli non mentono, ecco cosa hanno perso i pensionati
A conti fatti, una pensione di poco oltre 2.000 euro al mese netti nel 2022 che rientra tra quelle sopra 4 volte il trattamento minimo e sotto 5 volte lo stesso trattamento, ha perso 3.571 euro.
Perdite che salgono a 4.500 euro per una pensione di poco superiore a 5 volte il trattamento minimo e così via sempre a salire.
Sono le cifre che, se la Consulta stavolta darà ragione al ricorso, potrebbero rappresentare arretrati spettanti ai pensionati. Le possibilità che il ricorso vada in porto adesso ci sono, anche se pensando alla bocciatura di quello del 2024, qualcuno potrebbe pensare il contrario.
Infatti adesso si guarda al metodo che applicava i tagli sull’intera pensione e non solo sulla parte eccedente la fascia precedente. Quindi, non si chiede se i tagli sono legittimi, visto che già la Consulta si è espressa in questo senso, ma se il meccanismo è legittimo.