Non è la prima volta che accade e non sarà nemmeno l’ultima. Perché ogni votazione, ogni chiamata elettorale alle urne, che siano politiche, amministrative, referendum non fa distinzione. Raramente dopo lo spoglio e a risultati confermati, ci sono politici, schieramenti e partiti che ammettono sconfitte. E anche il referendum dell’8 e del 9 giugno non ha fatto eccezione. La sinistra ha vinto, lo sostengono tutti i rappresentanti delle opposizioni. Ma come, il referendum non ha raggiunto il quorum e questi sostengono che hanno vinto? A dire il vero i presagi erano già chiari prima delle votazioni. Uno dei massimi esponenti del PD, il senatore Francesco Boccia ad urne ancora da aprire aveva già detto che con almeno 12 milioni e 400mila elettori alle urne il referendum avrebbe rappresentato un preavviso di sfratto al governo Meloni. Tra asticelle, interpretazioni del voto e cose simili, ecco i motivi per cui la sinistra ha vinto al referendum (almeno per loro).
Referendum: la sinistra canta vittoria, perché?
Ma andiamo con ordine e vediamo i risultati. L’affluenza, che è un dato importante soprattutto per i referendum, è stata al 30,6% che scende al 29,9 col voto degli italiani all’estero. Sui quesiti sul lavoro, tanto cari alla CGIL di Maurizio Landini, i SI sono stati più o meno pari all’87% per tutti e 4 i quesiti. Per quello sulla cittadinanza invece il dato è particolare, ed è un dato politico da non sottovalutare. Sulla cittadinanza in 5 anni per gli stranieri anziché 10 anni come oggi, i SI si sono fermati al 65.34% ed i non al 34,66%.
Partendo dal concetto che la platea di chi si è recata alle urne può essere considerata in maggioranza contraria al governo Meloni e al centrodestra (anche se anche elettori del centrodestra magari hanno avuto voglia di andare a votare), è eloquente che sulla cittadinanza i cittadini non vogliono ciò che i partiti di sinistra rivendicano come una sorta di cavallo di battaglia tra ius soli, ius scholae e ius sanguinis.
Sulla cittadianza la sconfitta per la sinistra è evidente da ogni punto di vista. Quorum mancato e pure un mancato plebiscito a quel progetto che a sinistra vedono come una sorta di misura di civiltà e che invece probabilmente gli italiani non vedono così. Ma allora perché a sinistra si gongola sull’esito del referendum?
Vincono sempre anche se perdono
A dire il vero riteniamo che l’apprezzamento che da Conte alla Schlein passando per Fratoianni e Bonelli abbia dato all’esito del referendum sia solo di facciata. Nel PD si aprirà una stagione di riflessione interna e per Elly Schlein sicuramente non è un buon momento.
“La differenza tra noi e la destra di Meloni è che oggi noi siamo contenti che oltre 14 milioni di persone siano andate a votare, mentre loro esultano perché gli altri non ci sono andati. Ne riparliamo alle prossime politiche”, così si è espressa la Schlein.
“Portate rispetto a circa 15 milioni di cittadini che sono andati a votare. Portate rispetto agli oltre 12 milioni che hanno votato sì a maggiori tutele nel mondo del lavoro. Parliamo di oltre 12 milioni di cittadini che, al di là dei colori politici, chiedono più tutele contro licenziamenti, precariato e incidenti sul lavoro. Noi saremo sempre dalla loro parte, dalla parte giusta. E porteremo avanti la battaglia per loro in Parlamento”, queste invece le parole di Giuseppe Conte leader del M5S.
Acrobazie politiche e voli pindarici, questo ciò che fanno adesso a sinistra. Ma poi è normale che sia così. Se il referendum è stato un fallimento, visto il mancato quorum allora ecco che si cerca di dare un valore ai numeri. Dicendo che alla fine sono più quelli che hanno votato al referendum non seguendo le direttive del centrodestra che era per il non voto che quelli che nel 2022 hanno eletto la Meloni.
Vittoria quindi per la sinistra, con la linea Boccia che ancora oggi è quella gettonata.
Ma allora, se dobbiamo dare importanza ai 15 milioni di cittadini che secondo Conte avevano a cuore le questioni inserite nel referendum, bisogna anche dare ascolto al 70% che alle urne non ci è andato proprio. O forse secondo il leader del M5S quel 70% non merita rispetto? E se consideriamo i numeri come li leggono a sinistra, se i no alle modifiche sul Jobs Act sono al 13%, cosa significa che Matteo Renzi che ha detto di andare a votare ma di scrivere NO ai quesiti, dal 2% appena che ha nei sondaggi o che ha preso alle ultime elezioni di colpo è passato al 13%?
Referendum, risultati e giudizi
La cosa certa è che se il referendum è stato indetto, vuol dire che si puntava al quorum, altrimenti potremmo dire che fanno bene a pensarla male coloro i quali sostengono che la tornata referendaria sia stata solo uno spreco di denaro pubblico. Una sorta di sfida all’OK Corral interna al PD, una specie di nuove primarie.
Se nemmeno l’esponente di +Europa analizza il dato sulla cittadinanza a lui tanto cara come quesito, sostenendo che “ha vinto l’astensionismo organizzato che si è fatto forte dell’astensionismo spontaneo e della mancanza di informazione ma non ci sentiamo sconfitti”, allora siamo alla frutta come si dice in questi casi. Se fosse stato un referendum senza quorum, c’è da scommettere che avrebbe vinto il NO sul quesito della cittadinanza.
Solo alcuni hanno ammesso la sconfitta. Ma forse più per vendette interne o polemiche fratricide che per altro. Per esempio l’europarlamentare dem e vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picerno ha parlato di “sconfitta profonda e regalo a Meloni”. Chiedendo anche di ammettere il tutto. “Un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre. Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”.