Domenica prossima, come ogni seconda domenica di maggio, si celebra la Festa della Mamma, una giornata che riempie fiorai e pasticcerie, ma che affonda le sue radici in motivazioni ben più profonde del semplice gesto di regalare un fiore o un biglietto. Oggi è spesso vissuta come una ricorrenza dolce, ma il suo significato originario era molto più vicino a un’idea di impegno sociale e riflessione collettiva.
Come nasce la Festa della mamma?
La Festa della Mamma non è nata come un’iniziativa commerciale. Le sue prime forme moderne risalgono agli Stati Uniti della metà dell’Ottocento, quando Ann Reeves Jarvis, un’attivista pacifista, organizzava i “Mother’s Day Work Clubs”, associazioni femminili per migliorare le condizioni sanitarie delle comunità. Dopo la guerra civile americana, questi club divennero strumenti di riconciliazione tra le madri dei soldati dell’Unione e della Confederazione.
Nel 1908, la figlia di Ann, Anna Jarvis, organizzò il primo “Mother’s Day” ufficiale in memoria della madre, ottenendo tre anni dopo il riconoscimento ufficiale della giornata da parte del Congresso. Paradossalmente, fu proprio Anna a opporsi con forza alla commercializzazione della festa, arrivando a fare causa a ristoratori e fiorai che sfruttavano economicamente l’evento. In Italia, la festa venne introdotta negli anni ’50, inizialmente con connotazioni religiose e poi sempre più legata al consumo.
Celebrare le mamme ignorandone i problemi
Oggi la Festa della Mamma è una ricorrenza diffusa e sentita, ma raramente è l’occasione per fare il punto sulle condizioni reali delle madri nella società contemporanea. Secondo dati recenti, in Italia una donna su cinque smette di lavorare dopo la nascita di un figlio. È un dato allarmante, che parla di un Paese dove la maternità è ancora vissuta come un ostacolo alla carriera, e dove il welfare familiare è spesso lasciato interamente sulle spalle delle donne.
In un contesto in cui la cura dei figli è ancora vista come “compito materno”, e la conciliazione tra vita lavorativa e familiare rimane un problema irrisolto, c’è poco da festeggiare. Regalare un mazzo di fiori non basta a ripagare il carico mentale, fisico ed economico che ricade sulle madri ogni giorno.
Celebrare davvero la Festa della Mamma significa riconoscere il valore del lavoro di cura, investire in politiche di sostegno alla genitorialità e garantire alle donne la libertà di essere madri senza dover rinunciare a se stesse.
Festeggiare le mamme-eroine
Dietro la retorica della “mamma-eroina” si nasconde spesso una narrazione che idealizza la maternità, ignorando quanto possa essere faticosa e solitaria. Ma chi sono davvero queste mamme eroine? Si tratta donne che ogni giorno si fanno carico del benessere della famiglia, spesso da sole, conciliando lavoro, casa, figli e anziani da assistere, con una resistenza silenziosa che raramente riceve il giusto riconoscimento.
Sono le mamme single che affrontano tutto senza una rete di sostegno, quelle che rinunciano a una promozione per andare a prendere i figli a scuola. O che lavorano di notte per non mancare al loro ruolo durante il giorno. Sono anche quelle che, pur desiderando di rientrare al lavoro dopo la maternità, si vedono costrette ad abbandonarlo per l’assenza di servizi adeguati e per la mancanza di politiche familiari efficaci.
Le madri sono celebrate a parole, ma poco supportate nei fatti. Mancano servizi pubblici accessibili, orari di lavoro flessibili, incentivi per il rientro nel mondo del lavoro. Le donne sono spinte a essere “madri perfette” e contemporaneamente lavoratrici impeccabili, senza che il carico venga redistribuito in modo equo tra uomini e donne o tra famiglia e Stato. Questo squilibrio sistemico trasforma la maternità da scelta libera a percorso a ostacoli, costringendo molte donne a sacrificare la propria autonomia economica e personale.