Pensione a 60 anni dal 2024, ma davvero si può?

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Pensione a 60 anni dal 2024, ma davvero si può?
Pensione

Oggi la maggior parte delle misure previdenziali sono basate su un doppio requisito, C’è il requisito anagrafico e c’è quello contributivo. Un doppio vincolo da centrare per poter andare in pensione. Basti pensare alle pensioni di vecchiaia la cui combinazione principale è quella 67+20. Ma nel sistema non mancano certo le misure distaccate dall’età. Un principio cardine del sistema questo. Infatti da un lato la pensione con età pensionabile, che dovrebbe consentire ai lavoratori di accedere alla quiescenza per sopraggiunto limite di età. Dall’altro lato la pensione per sopraggiunto limite di carriera. Ed è proprio su questo aspetto che molti vorrebbero che partisse la vera riforma delle pensioni. Una misura che consente di andare in pensione una volta raggiunta la giusta carriera lavorativa è la pensiona anticipata ordinaria. Ma lo è anche la quota 41 per i precoci, anche se particolarmente limitata come platee. E si parla di nuove pensioni proprio da questo punto di vista, cioè con distacco dal requisito anagrafico.

Dalla pensione di anzianità alla pensione anticipata e tutto da 60 anni?

Fu la riforma Fornero a introdurre le pensioni anticipate. Infatti la legge Fornero varata dall’allora Governo Monti non fece altro che debellare le vecchie pensioni di anzianità varandone una simile, scollegata dai requisiti anagrafici che anno dopo anno è arrivata alle soglie di oggi. Infatti nel 2023 il lavoratore che potrà lasciare il lavoro senza badare all’età e raggiungendo la giusta carriera contributiva, deve arrivare a 42 anni e 10 mesi di contributi. Questo per gli uomini, perché per le donne bastano 41 anni e 10 mesi. Per tutti la prima pensione arriva decorsi 3 mesi con il meccanismo a finestra. Ma c’è dell’altro. Infatti prima la pensione di anzianità andava su un doppio binario. Da un lato quella già citata, distaccata da limiti di età. Da un altro la pensione con 60 anni di etò e almeno 35 anni di contributi versati. Era la famosa quota 96.

Una via di mezzo tra vecchiaia e anzianità

Il principio dovrebbe essere questo. Chi raggiunge una determinata età dovrebbe poter andare in pensione con una carriera minima di contributi versati. Chi invece raggiunge una determinata carriera di lavoro, come lunghezza, dovrebbe allo stesso modo poter lasciare il lavoro senza limiti di età. In mezzo a queste due cose, una misura che sia una specie di giusto compromesso. E si incastona così una nuova quota 96. Con pensione già a 60 anni o al massimo a 61, ma al raggiungimento di 35 anni di contributi.

Il progetto di riforma delle pensioni

Una riforma delle pensioni 2023 e 2024 con ritorno alla pensione di anzianità, nel senso che bisogna tornare indietro come carriera. Ma se una nuova quota 96 sembra esercizio azzardato da immaginare, ecco che entra di diritto nella discussione la cosiddetta quota 41 per tutti. Chiunque indipendentemente da uomo o donna e a prescindere dalla tipologia di lavoro, potrebbe andare in pensione maturati i 41 anni di contributi. Una quota 41 senza vincoli, di fatto verrebbe cancellata la pensione anticipata ordinaria a 42,10 o 41,10 di cui parlavamo prima. C’è infatti l’ipotesi di lasciare inalterata la pensione anticipata, affiancandole soltanto la quota 41.

Penalizzazioni di assegno per la quota 41 per tutti sulle pensioni

In questo caso però, sembra essere sottinteso una penalizzazione di assegno con la quota 41. Due misure neutre da penalizzazioni infatti farebbero propendere la scelta del lavoratore, di andare in pensione con quota 41 e non con l’anticipata a 42,10. Se invece alla quota 41 venisse imposto un taglio lineare di assegno per anno di anticipo, o un ricalcolo contributivo, tutto sarebbe differente.

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