Pensioni a 62 anni di età ma cosa si perde effettivamente?

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Cosa si guadagna e cosa si perde a restare al lavoro da uno a cinque anni in più rispetto alla pensioni a 62 anni di età.
cambia l'IRPEF

La quota 100 andata in soffitta dal 1° gennaio 2022 e la pensione con 62 anni di età e 38 di contributi versati è diventata storia. Ma le uscite a 62 anni sono argomento di valutazione anche nel futuro perché al tavolo tra governo e sindacati, i 62 anni di età restano argomento centrale della ipotetica riforma delle pensioni. In soffitta è andata pure la quota 102 con la sua pensione a 64 anni di età con 38 di contributi. Dentro invece è arrivata la pensione con quota 103, che ha riportato a 62 anni l’età pensionabile per i quotisti, ma portando a 41 anni i versamenti contributivi necessari. Appare del tutto evidente che da 62 a 64 anni è la base di partenza delle discussioni sulla riforma delle prestazioni pensionistiche. Nuove misure che devono permettere anticipi di quiescenza, ma anche risparmio per le casse dello Stato. E la soluzione è il calcolo contributivo. Ecco perché è necessario approfondire. Per le pensioni con calcolo contributivo, cosa si perderà ad uscire a 62 anni di età in futuro non è una cosa da non considerare.

Pensioni con calcolo contributivo, cosa si perderà ad uscire a 62 anni di età in futuro

Non esiste sistema pensionistico contributivo che non abbia una discreta flessibilità in termini di uscita dal lavoro. Nel sistema contributivo più contributi si accumulano più si percepisce di pensione e quindi lasciare al lavoratore la scelta di dire basta dovrebbe essere una opzione sacrosanta dal momento che chi ci rimetterebbe in termini di assegno di pensione sarebbe lo stesso lavoratore. A maggior ragione se si pensa che il nostro sistema previdenziale è basato su dei coefficienti che servono a trasformare tutto ciò che si è versato come contributi in pensione. Ed il meccanismo a coefficienti non fa altro che penalizzare i lavoratori che decidono di andare in pensione prima come età. Per capirci meglio, noi di PensionieFisco.it abbiamo pensato ad alcune tabelle riepilogative utili a far capire di effettivamente a cosa andrebbero incontro i lavoratori se davvero dal 2024 si desse loro la facoltà di anticipare la pensione a libera scelta dai 62 ai 67 anni.

Coefficienti e regole di calcolo delle pensioni

L’importanza della data di entrata in vigore del sistema contributivo incide anche sul calcolo della pensione.

  • Hai 18 anni di contributi versati già al 31 dicembre 1995? Hai diritto al calcolo della pensione fino al 31 dicembre 2011 con il sistema retributivo e dal 1° gennaio 2012 alla data di uscita dal lavoro con il sistema contributivo.
  • Hai meno di 18 anni versati alla data del 31 dicembre 1995? Hai diritto al calcolo della pensione fino al 31 dicembre 1995 con il sistema retributivo e dal 1° gennaio 1996 alla data di uscita dal mondo del lavoro con il sistema contributivo.
  • Hai una carriera iniziata dopo il 31 dicembre 1996? Hai diritto al calcolo unico con il sistema contributivo.

Nel sistema contributivo in quella specie di salvadanaio che è il montante dei contributi, si accumulano tutti i versamenti effettuati che opportunamente rivalutati e poi passati per i coefficienti previsti determinano la pensione lorda spettante al lavoratore. Questo vale per tutti, sia per i contributivi puri che hanno tutta la pensione così calcolata, che per gli altri che rientrano, chi più chi meno nel sistema misto e per la quota di pensione assoggettata a calcolo contributivo.

I coefficienti validi nel 2023

  • In pensione a 62 anni di età con coefficiente 4,88%;
  • In pensione a 63 anni di età con coefficiente 5,03%;
  • In pensione a 64 anni di età con coefficiente 5,18%;
  • In pensione a 65 anni di età con coefficiente 5,35%;
  • In pensione a 66 anni di età con coefficiente 5,53%;
  • In pensione a 67 anni di età con coefficiente 5,72%.

La pensione spettante

Chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 viene definito contributivo puro. Infatti non ha contributi versati durante il sistema retributivo. Il contributivo puro può essere usato come esempio calzante per capire le differenze di pensione che una uscita a 62 anni di età causerebbe al beneficiario rispetto ad un suo collega che a parità di carriera esce a 67 anni. Prendiamo ad esempio un manipolo di 6 lavoratori con carriere identiche, tutte iniziate il 1° gennaio 1996 e quindi tutte contributive. Tutti lavoratori della stessa azienda, con continuità di assunzione e con lo stesso inquadramento e stipendio.  Le pensioni che percepiranno dopo aver accumulato 300.000 euro di montante contributivo in 25 anni di carriera con una media di 12.000 euro annui di contributi versati sarà:

  • Il 62enne avrà pensione lorda annua pari a 14.640 euro;
  • Il 63enne avrà pensione lorda annua pari a 15.090 euro;
  • Il 64enne avrà pensione lorda annua pari a 15.540 euro;
  • Il 65enne avrà pensione lorda annua pari a 16.050 euro;
  • Il 66enne avrà pensione lorda annua pari a 16.590 euro;
  • Il 67enne avrà pensione lorda annua pari a 17.160 euro.

I contributi versati in più un altro fattore da considerare

Nell’esempio di prima, senza approfondire su rivalutazione del montante e così via, un anno in più di contributi significa altri 12.000 euro (la media dei versamenti di tutti i 6 lavoratori dell’esempio) di versamenti da inserire nel calcolo della pensione. Il montante passerebbe da 300.000 a 312.000 con un anno di lavoro in più, a 324.000 con due anni di lavoro in più e così via. Evidente che basterebbe un anno di attesa in più al 62enne, per percepire 15.693 euro di pensione annua al posto di 15.090. Un differenza che a 67 anni sarebbe imponente. Il montante passerebbe a 360.000 euro con 5 anni di contributi in più. Con la pensione che arriverebbe a 67 anni a toccare quota 20.592 euro annui lordi. Ripetiamo che sono calcoli fatti con cifre fisse ed ipotetiche, che rendono l’idea dell’importanza di posticipare l’uscita, ma che vanno presi con il beneficio del dubbio vistgo che molto varia da carriera a carriera.

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