A 62 anni in pensione rimettendoci poco e per poco tempo con le pensioni a doppia quota 

Mario nava
Poco costosa per le casse dello Stato e penalizzante solo per poco tempo la soluzione della pensione in due quote può essere ancora valida?
pensioni

Pensioni flessibili, quota 41 per tutti o a 61 anni di età, o ancora, proroga di APE sociale e Quota102. Sono solo alcune delle proposte di riforma del sistema che stanno sul tavolo del Governo per la loro valutazione. Che si faccia in tempo a varare novità nella legge di Stabilità o meno, ciò che è sicuro è che il Governo Meloni dovrebbe intervenire sul sistema previdenziale. E come al solito un occhio deve essere dato alla stabilità dei conti pubblici, soprattutto a quelli dell’INPS le cui casse sono derelitte da tempo. Per questo appare scontato che tra le opzioni sul tavolo, compresa quella di opzione uomo che estenderebbe a tutti il vantaggio in termini di uscita (non in termini di assegno che è penalizzato) di opzione donna, tornerà anche una vecchia proposta INPS. La pensione in due quote, una soluzione low cost per lo Stato, ma anche a basso impatto come penalizzazione di assegno. A 62 anni in pensione rimettendoci poco e per poco tempo con le pensioni a doppia quota è una soluzione che potrebbe presto tornare di moda.  

La pensione contributiva subito, poi quella complessiva 

Andare in pensione subito con la pensione tagliata da regole di calcolo penalizzanti. È una delle vie che principalmente è stata presa dai legislatori negli ultimi anni. Basti pensare ad opzione donna che baratta una uscita già a partire dai 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti, con un taglio di assegno di oltre il 30%. Questo perché si chiede alle lavoratrici di sacrificare parte della pensione sull’altare di una uscita anticipata, scegliendo, o meglio, accettando il ricalcolo contributivo della prestazione. Ed è ciò che a 62 anni prevede una vecchia proposta di riforma delle pensioni (di qualche mese fa), del Presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Il numero uno dell’INPS propose a suo tempo di prevedere una pensione a 62 anni calcolata subito perla quota contributiva. In pratica, una pensione che a partire dai 20 anni di contributi, verrebbe calcolata come per i contributivi puri, senza tenere conto della quota relativa agli anni nel retributivo.  

A 67 anni si cambia, calcolo misto al posto di quello contributivo 

Il lavoratore interessato potrebbe arrivare a 67 anni accompagnato da una pensione che altrimenti non avrebbe potuto prendere. E pazienza se è di importo più basso di quella teoricamente spettante al raggiungimento dei 67 anni di età. Infatti sarebbe una penalizzazione a termine, che finirebbe al compimento dei 67 anni di età. In quel caso il lavoratore godrebbe di una prestazione ricalcolata al lordo dei contributi versati nel sistema retributivo. E per chi ha 18 o più anni di contributi al 31 dicembre 1995, la situazione sarebbe migliore. Infatti godrebbe di un ricalcolo contributivo per tutti i contributi versati fino al 2012. Un surplus di pensione di oltre il 30%, se è vero che questi lavoratori sono quelli a cui il sistema contributivo taglia maggiormente gli assegni.  
 

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