Negli ultimi anni, sempre più lavoratori si sono informati sulle possibilità offerte dalla Legge 104/1992 per anticipare il momento del pensionamento. Una delle opzioni più vantaggiose riguarda il congedo biennale retribuito previsto per chi assiste un familiare con disabilità grave. Questo beneficio, se richiesto e sfruttato nei due anni che precedono la maturazione dei requisiti pensionistici, permette di fatto di andare in pensione con due anni di anticipo, mantenendo la copertura contributiva. Tuttavia, vi è un requisito essenziale che spesso viene sottovalutato: la convivenza o residenza anagrafica con la persona assistita.
Il congedo biennale retribuito: come funziona e chi può richiederlo
Il congedo biennale è un diritto riconosciuto al lavoratore dipendente che assiste un familiare con handicap grave riconosciuto ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge 104. Il beneficio consiste in due anni di assenza dal lavoro, frazionabili anche a giorni o settimane, durante i quali si conserva il posto e si percepisce un’indennità pari all’ultima retribuzione, nei limiti fissati annualmente dall’INPS. Il congedo è coperto da contributi figurativi validi ai fini pensionistici, e questo è l’aspetto più rilevante in ottica di pensionamento anticipato.
Infatti, se il lavoratore fruisce del congedo per tutti i 24 mesi disponibili prima del raggiungimento dell’età pensionabile, quei due anni vengono considerati come periodo lavorativo a tutti gli effetti. La conseguenza è che la persona può accedere alla pensione con due anni di anticipo, senza penalizzazioni sull’importo e senza dover versare contributi ulteriori.
Il beneficio spetta ai parenti entro il secondo grado della persona disabile (o entro il terzo grado, in assenza o impossibilità degli altri), con priorità ai conviventi. Tuttavia, per godere del congedo, non basta la parentela o il semplice legame affettivo: ciò che determina il diritto è la residenza anagrafica.
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Il nodo della residenza: chi perde il diritto al congedo (e all’anticipo pensionistico)
Il requisito fondamentale per accedere al congedo biennale è che il lavoratore abbia la stessa residenza anagrafica della persona disabile da assistere. Questo aspetto è stato più volte ribadito sia dall’INPS sia dalla giurisprudenza. Senza la convivenza documentata, non si può fruire del congedo, salvo rare eccezioni (per esempio, nel caso dei genitori che assistono i figli).
Il principio è chiaro: solo chi vive stabilmente con la persona con disabilità può fornire un’assistenza continuativa e quotidiana, come previsto dalla legge. La semplice presenza in casa nei fine settimana o l’assistenza saltuaria non sono sufficienti. Pertanto, se il lavoratore risiede altrove, anche se a pochi metri di distanza ( se risiede nel medesimo stabile ma in un’unità abitativa diversa il requisito della residenza è soddisfatto), perde il diritto sia al congedo sia, di conseguenza, alla possibilità di anticipo pensionistico di due anni.
Va ricordato che il cambio di residenza deve risultare ufficialmente dai registri anagrafici del comune e che, in caso di controlli, l’INPS può revocare il beneficio anche retroattivamente se emerge che la convivenza non era effettiva. Inoltre, in caso di falsa dichiarazione sulla residenza, il rischio è anche penale.
Il messaggio è chiaro: la residenza è il pilastro dell’intero meccanismo. Senza di essa, anche chi ha tutti gli altri requisiti rischia di vedersi negata un’opportunità importante per uscire prima dal mondo del lavoro, dopo anni di cura e sacrifici familiari.