In pensione a 62 anni con la Quota 103 o a 63 anni con l’anticipata?

Mario nava
pensioni

Nata la nuova quota 103 si inizia a valutare la convenienza della misura per determinati lavoratori. Una convenienza, soprattutto se si paragonano due misure che a conti fatti distano pochi mesi le une dalle altre come termine di uscita. Infatti per come sta nascendo la quota 103, probabilmente risulterà indigesta a molti lavoratori che troveranno conveniente la pensione anticipata ordinaria come alternativa. E che respingeranno al mittente l’offerta di una pensione anticipata nuova di zecca come la quota 103 o quota 41 che dir si voglia. In pensione a 62 anni con la Quota 103 o a 63 anni con l’anticipata è una domanda che molti si porranno prestissimo.

Il confronto tra quota 103 e pensione anticipata ordinaria

La quota 103, fissando a 41 anni la soglia dell’età contributiva utile alla pensione, va direttamente contro la pensione anticipata contributiva. Non ha i vincoli di platea che la la quota 41 precoci, perché si estende alla generalità dei lavoratori. Ma solo se hanno già almeno 62 anni di età. Ma a quella età l’alternativa all’uscita a 62 anni con la quota 103, il lavoratore la troverebbe nell’uscita a 63 anni anni e 10 mesi della pensione anticipata ordinaria (si centra con 42 anni e 10 mesi, 2 anni e 10 mesi in più di quota 103). E per le donne se il 62imo anno di età si completa a gennaio, la pensione anticipata ordinaria senza la quota 103, arriverebbe già nel 2023 come la novità del governo (per le donne bastano 41 anni e 10 mesi di contributi per l’anticipata ordinaria).

Il taglio di pensione per chi ha stipendio e contributi elevati

Ciò che renderà certamente meno appetibile la quota 103 è il paventato taglio di assegno a cui dovranno andare incontro i potenziali richiedenti la pensione. Infatti l’assegno con la quota 103 non potrà superare i 1900/1950 euro al mese. Parliamo di pensione netta, perché il limite imposto sarà il non superare una pensione pari ad almeno 5 volte il trattamento minimo. Le vie sono due. O si impone questo vincolo, che di fatto costringe chi avrebbe meritato una pensione pari a 2.625 euro al mese lordi (525 euro il trattamento minimo INPS 2022, ma salirà a 570 o 580 nel 2023), a lasciare soldi all’INPS, o si mette il freno a questa prestazione per chi supera questo importo di pensione (niente pensione a chi ne prende una superiore a tale somma). E dal momento che il taglio durerebbe per tutti gli anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria, per esempio da 62 a 67 anni, la perdita per qualcuno è ingente. A tal punto che barattare 1,10 anni di lavoro in più o soli 10 mesi perle donne, con 5 anni di taglio di assegno non è certamente una soluzione ideale.

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