La pensione a 62 anni con la Meloni al governo? ecco le ultime  

Mario nava
Quali scenari si aprono adesso che si appresta ad insediarsi il nuovo governo sulle pensioni.
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Aumentano le speranze di una riforma del sistema previdenziale o diminuiscono? Una domanda che molti si pongono adesso. Il governo delle larghe intese con Premier Draghi adesso diventerà probabilmente un governo del centrodestra. Con il cambio di governo potrebbero cambiare le misure pensionistiche che potrebbero essere introdotte. In termini pratici le misure che potrebbero avere intenzione di varare la Meloni, Salvini e Berlusconi potrebbero essere diverse da quelle di cui si parlava durante tutta la legislatura. Il centrodestra che ha vinto le elezioni ha diversi cavalli di battaglia, naturalmente differenti in base al partito. Ma cosa potrebbe fare il governo nuovo in tema previdenziale? 

I tanti problemi di cassa dello Stato

Non è certo possibile cancellare con un colpo di spugna il debito pubblico e i problemi di bilancio che rendono complicato qualsiasi intervento. Tutti gli ultimi governi hanno dovuto fare i conti con queste ristrettezze. E quello nuovo non ha certo la bacchetta magica. Certo, è anche vero che nel primo governo Conte, quello giallo-verde, quello con Lega e Movimento 5 Stelle al governo, fu introdotta la Quota 100, sicuramente la misura che più di altre andava in contrasto con la riforma Fornero. Quindi, speranze che un governo di centrodestra possa essere più espansivo nel prevedere interventi più profondi ce ne sono.  

Quota 41 per tutti, ma resta difficile  

Va considerato pure il PNRR, coi soldi europei che prevedono condizioni. E la UE che chiede il potenziamento del Reddito di cittadinanza, non vede di buon occhio interventi sulle pensioni che vanno sul superamento della riforma Fornero. La Quota 41 così diventa comunque complicata, anche se tra i suoi sponsor c’è anche la Lega di Matteo Salvini, uno dei tre partiti che compongono il centrodestra. Mandare in pensione tutti con 41 anni di contributi versati e senza limiti anagrafici significa di fatto cancellare o quasi la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi. Si cancellerebbe un pezzo della riforma Fornero. Infatti fu la riforma della Fornero a cancellare le pensioni di anzianità e a trasformarle in pensioni anticipate. E di colpo i requisiti si inasprirono severamente.  

La pensione flessibile: a 62 anni ok? 

Diverso sarebbe l’introduzione di una pensione flessibile a 62 anni di età, naturalmente senza dare retta alle richieste che da anni i sindacati fanno, ovvero di una pensione priva di tagli. Una misura flessibile a 62 anni (o magari dai 63 o dai 64 anni), se inserita imponendo sacrifici ai lavoratori potrebbe vedere i natali. Imporre il calcolo contributivo della prestazione o prevedere un taglio lineare per anno di anticipo potrebbe servire a rendere la misura meno appetibile e utilizzata solo da chi effettivamente non vorrebbe più lavorare o non ha più l’occasione per farlo. Tagliare del 2% all’anno la pensione, per chi uscirebbe a 62 anni significherebbe il 10% in meno. Dal punto di vista delle casse statali, l’esborso salirebbe nell’immediato. Ma dai 67 anni si troverebbe un pensionato che continuerà a percepire una pensione tagliata del 10%. E lo Stato inizierebbe il recupero di quanto anticipato per 5 anni. Senza considerare poi che al posto del pensionato in anticipo le aziende dovrebbero assumere forza lavoro, che è la parte produttiva del sistema perché versano contributi.  

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