Pensionamenti più equi, la riforma che servirebbe

martina bianchi
Riforma pensioni non solo le ipotesi dei politici ma anche quello che servirebbe davvero secondo i lavoratori.
Ecco come andare in pensione in anticipo 2023 a chi ha perso il lavoro nel 2022 ed ha sfruttato il periodo di Naspi.

Nelle ultime settimane non si parla d’altro che di riforma pensioni.

Con la scadenza della quota 100 sempre più vicina, infatti, c’è l’urgenza di attuare un riforma previdenziale mirata e che consenta maggiore flessibilità in uscita.

La riforma pensione che servirebbe

Prima della riforma Fornero il pensionamento era certamente più facile. Ricordo ancora con tanto rimpianto quando le donne andavano in pensione di vecchiaia prima degli uomini. Poi si è voluta unificare l’età pensionabile per entrambi i sessi a 67 anni non dando più alcun peso al fatto che le donne oltre che lavorare si prendono cura della famiglia e crescono i figli.

Un grosso errore a mio avviso, visto che poi, guarda caso, si è sentito il bisogno di inserire il bonus rosa che permette l’anticipo di 12 mesi per ogni figlio, ma solo per le donne che accedono all’Ape sociale (che tra l’altro scade a fine 2020).

Una sorta di ammissione di colpa? Potrebbe essere ma mi vien da dire che, ormai, quel che è fatto è fatto.

Quello che trovo profondamente ingiusto nel sistema previdenziale italiano è che non si permetta il pensionamento a qualsiasi età, in base soltanto ai contributi versati. Una sorta di contributivo assoluto che, proprio calcolando sul sistema contributivo l’ammontare della pensione, magari, porti una sorta di penalizzazione a chi decide di accedere al pensionamento prima dei 67 anni (escludendo ovviamente chi raggiunge i requisiti per la pensione anticipata Fornero).

Molto probabilmente le casse dello Stato non sarebbero in grado di sostenere i molti pensionamenti che una decisione del genere comporterebbe, ma bisogna considerare anche i soldi che si risparmierebbero.

Basti pensare al sessantenne, con 25 anni di contributi rimasto disoccupato che, per tirare avanti ed avere soldi per vivere chiede il reddito di cittadinanza. Non sarebbe meglio permettergli il pensionamento a 60 anni applicando al suo assegno una penalizzazione piuttosto che versare un sussidio ben sapendo che difficilmente sarà in grado di trovare un nuovo lavoro (anche in virtù del fatto che la crisi economica attuale ha amplificato il problema della disoccupazione in Italia).

Tutte le misure previdenziali attualmente in vigore richiedono requisiti anagrafici e contributivi che non è molto facile soddisfare. Sarebbe il caso, invece, di prevedere una sorta di misura di “emergenza” che permetta il pensionamento a quanti sono in difficoltà, a quanto non riescono più a lavorare per problemi fisici o di salute, a quanti provati da una professione usurante e gravosa giunti ad una certa età non ce la fanno più. Una misura senza vincoli o paletti, la pensione per tutti con la consapevolezza che non sarà ricca ma semplicemente calcolata sui contributi versati e sul coefficiente di trasformazione dell’età di accesso.

Ma in Italia, purtroppo, non funziona così e non ho neanche la speranza che la prossima riforma pensioni riesca in qualche modo a fare giustizia per i lavoratori che attendono il meritato riposo…

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