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Pensione a 62 anni 2026, cosa potrebbe cambiare con o senza riforma

Andare in pensione a 62 anni: un sogno per molti lavoratori italiani, soprattutto per chi è entrato presto nel mercato del lavoro e oggi si ritrova con una carriera lunga e faticosa alle spalle. Ma con il 2026 alle porte e la riforma pensioni ancora tutta da scrivere, la domanda è più che legittima: ci sarà ancora la possibilità di lasciare il lavoro a 62 anni, oppure torneranno in vigore i requisiti rigidi della Legge Fornero?

Pensione a 62 anni a rischio?

Negli ultimi anni, lo Stato ha introdotto formule transitorie per permettere il pensionamento anticipato rispetto ai 67 anni previsti dalla vecchia normativa. Quote 100, poi 102, poi 103: ogni anno un numero diverso, ogni volta una finestra temporanea che sembrava definitiva ma poi è svanita alla fine dell’anno. Anche nel 2025 le opzioni flessibili sembrano destinate a proseguire, ma con coperture economiche sempre più limitate e una sostenibilità che inizia a scricchiolare.

Ecco perché il 2026 potrebbe rappresentare una svolta. Sul tavolo del Governo c’è la volontà politica di varare una riforma strutturale e definitiva, ma le risorse sono poche e la coperta corta. In questo scenario, si fa sempre più strada un’ipotesi che molti osservatori considerano realistica: rendere stabile la possibilità di uscita a 62 anni, ma a condizioni nuove rispetto al passato.

Le possibilità di pensionarsi

La formula che si sta valutando, infatti, non sarebbe più legata a quote fisse, requisiti rigidi o penalizzazioni forzate, ma a un modello contributivo puro. In altre parole, chi desidera andare in pensione a 62 anni potrà farlo, ma dovrà accettare una pensione calcolata solo sui contributi effettivamente versati. Niente integrazione al minimo, niente sostegni pubblici per colmare le lacune: si prende solo quanto maturato, senza sconti né aiuti.

Questa ipotesi piace al MEF perché sarebbe compatibile con i vincoli di bilancio: lo Stato non dovrebbe più coprire gli squilibri generati dalle uscite anticipate, e i lavoratori avrebbero comunque la libertà di scegliere, a patto di accettare le conseguenze economiche. Ma è una proposta che divide. Da un lato, offre flessibilità e libertà; dall’altro, rischia di penalizzare chi ha avuto carriere fragili, salari bassi o periodi di disoccupazione. Uscire a 62 anni, per molti, significherebbe percepire assegni molto ridotti, in certi casi sotto la soglia di povertà.

Se la riforma non dovesse arrivare, però, tutto potrebbe tornare alla rigidità della Fornero, con il ritorno all’età di vecchiaia fissata a 67 anni come unica vera certezza. Oppure, come già accaduto negli ultimi anni, il Governo potrebbe decidere di prorogare formule temporanee — come Quota 103 o Opzione Donna — ma sempre più limitate nel tempo e nel numero di beneficiari.

In sintesi, la pensione a 62 anni nel 2026 non è impossibile, ma il come sarà fondamentale: se arriverà una riforma definitiva, sarà probabilmente legata al sistema contributivo e alla libertà individuale; se invece tutto resterà fermo, allora servirà aspettare nuove finestre di uscita, oppure rassegnarsi all’idea di lavorare qualche anno in più.

La certezza, al momento, è solo una: il 2026 sarà un anno decisivo per il futuro delle pensioni in Italia. E chi sogna di smettere a 62 anni farebbe bene a restare con gli occhi puntati su cosa accadrà nei prossimi mesi.