Se qualcuno temeva che presto per poter lasciare il lavoro e andare in pensione i requisiti diventeranno più pesanti, la conferma è arrivata. Da oggi al 2040 la situazione rischia di peggiorare di tanto. Con oltre 13 mesi di differenza sull’età pensionabile e sui contributi per le pensioni anticipate rispetto ad oggi.
La speranza è che quanto per esempio si è letto in questi giorni su una analisi della Ragioneria Generale dello Stato, scoppi come una bolla di sapone. Nel senso che il governo, non solo quello attuale ma anche i futuri che verranno da oggi al 2040, decidano di non applicare quello che resta un meccanismo consolidato, cioè l’aumento dei requisiti per le pensioni in base all’aspettativa di vita degli italiani. Perché tra i poteri del governo ci sono anche questo genere di interventi.
Pensioni di vecchiaia a oltre 68 anni, ma le anticipate non si toccano, cosa cambia?
La sostenibilità del sistema passa necessariamente dalla ferrea applicazione di due principi cardine che sono l’aumento dei requisiti e il peggioramento delle regole di calcolo per le pensioni. Questo per esempio è quanto scrivono quelli di Itinerari Previdenziali, ovvero del centro studi di Alberto Brambilla, noto esperto in materia.
La longevità della popolazione aumenta, e quindi aumenta la vita media dei pensionati. Oggi i dati sull’occupazione sono buoni, ma forse questo non basta. Perché un sistema che si regge è quello che paga le pensioni dei vecchi lavoratori con i contributi dei nuovi lavoratori. E se i secondi sono sempre meno ed i primi sono sempre di più, e se i primi vivono più a lungo è evidente che qualcosa rischia di esplodere. Per questo si va sempre verso la stessa direzione, ovvero allontanare le pensioni nel tempo, portando come sembra plausibile dopo i dati della Ragioneria di Stato, ad una pensione di vecchiaia a 68 anni ed un mese dal 2040. Con in più il taglio dei coefficienti, che, come accaduto dal primo gennaio, sono sempre meno favorevoli a chi va in pensione, quanto più longeva è la stima di vita della popolazione.
Aumento dell’età di pensionamento, non dei contributi da versare
Eppure proprio dal Centro Studi Itinerari Previdenziali, nel suo XII Rapporto sullo stato del nostro sistema, ecco che si tende a porre un freno a questi incrementi, almeno per le pensioni anticipate. Chi ha carriere lunghe e durature, dopo tanti anni di versamenti, non può subire gli stessi incrementi che invece vanno applicati a chi ha lavorato poco e versato poco. Quindi, nessun ritocco ai requisiti per le pensioni anticipate. Niente inasprimento di 13 mesi che per esempio avrebbe portato, sempre dal 2040, un uomo a poter andare in pensione senza limiti di età solo a 43 anni e 11 mesi (oggi a 42,10 anni di contributi). Quindi, sull’aumento dei requisiti per le pensioni, ecco perché per la vecchiaia può essere giusto allontanare il pensionamento, per le anticipate no.
Anche perché i rischi di sostenibilità del sistema, sempre secondo Itinerari Previdenziali nasce anche dal fatto che nei conteggi che si fanno comunemente, assistenza e previdenza sono unite. Quindi nel calcolo di ciò che l’INPS spende ogni anno finiscono anche le prestazioni previdenziali che invece andrebbero considerate diversamente.