Pensione a 62, 63 o 64 anni, nuova riforma o miraggio?

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Riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 anni con tagli di assegno solo a pochi e differenti in base al lavoro svolto.
Riforma pensioni

Per superare la legge Fornero serve una vera riforma delle pensioni. Su questo pochi dubbi perché anche la quota 100 del triennio 2019-2021 non è servita certo a superare per davvero la famigerata riforma del Governo Monti del 2011. Ma come si supera una così rigida legge previdenziale? Una via sarebbe quella di introdurre una misura flessibile, che magari consenta delle uscite facoltative ai lavoratori. Che dovrebbero capire cosa lasciano sul campo in termini di assegno pensionistico e cosa invece ci guadagnano. E se fino ad oggi la differenza tra lavori gravosi e usuranti e lavori “normali” era indirizzata verso la possibilità di uscire prima dal lavoro, adesso potrebbe essere indirizzata verso le penalizzazioni di assegno. La riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 anni di età potrebbe essere davvero diversa da come molti la attendono.

Riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 anni tra lavori logoranti e lavori leggeri

La differenza tra lavoro gravoso e lavoro non gravoso, ha riguardato sostanzialmente delle misure previdenziali di pensionamento anticipato. Almeno fino ad oggi.In altri termini, chi svolgeva una delle mansioni gravose o usuranti ha potuto sfruttare dei canali di uscita agevolati dal mondo del lavoro. Pensiamo per esempio all’Ape sociale che consentiva di uscire, a chi svolgeva determinate attività, ad una età pari a 63 anni senza dover attendere i 67 anni classici della pensione ordinaria. Oppure lo scivolo usuranti che al completamento della quota 97,6 consentiva di uscire dal lavoro addirittura a 61 anni e 7 mesi di età.

Il lavoro gravoso e usurante e cosa si ipotizza per il futuro

In pratica svolgere un lavoro pesante secondo la normativa previdenziale vigente permetteva di lasciare lo stesso lavoro prima rispetto alla generalità degli altri lavoratori. Adesso si pensa a considerare il lavoro gravoso non più in materia di uscita anticipata dal posto del lavoro, bensì in materia di calcolo dell’assegno previdenziale spettante. E così la riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 anni potrebbe non fare distinzioni tra tipologie di lavoro svolto se non per il calcolo dell’assegno spettante.

Le nuove ipotesi di Riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 anni con tagli di assegno solo a pochi

Alcune proposte di riforma delle pensioni infatti guardano alla riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 di età. La riforma delle pensioni deve nascere per non impattare troppo sui conti dello Stato e quindi sulla spesa previdenziale dell’INPS. In termini pratici in base ai calcoli si dovrà consentire uscite flessibili a tutti i lavoratori a partire da una determinata età tra quelle prima citate. E anche, senza quelle lunghe carriere contributive e lavorative che finiscono con l’essere il vero limite ai pensionamenti anticipati. Basta pensare che per le già citate Ape sociale e scivolo usuranti servono ancora oggi carriere molto superiori ai 30 anni di contributi versati. L’idea sarebbe quella di rendere le uscite flessibili ma con 20 anni di contributi versati. E senza dare questa facoltà solo a chi svolge determinate attività lasciando fuori gli altri.

Possibile un diverso calcolo dell’assegno tra usuranti, gravosi e attività meno pesanti

L’unica differenza è la penalizzazione di assegno, che per i non usuranti e i non gravosi dovrebbe riguardare la parte retributiva della prestazione. In pratica a chi svolge un lavoro logorante verrebbe concessa la facoltà di lasciare il lavoro prima, e senza tagli di assegno o ricalcoli contributivi. Per chi invece svolge lavori per così dire “normali”, la parte retributiva verrebbe penalizzata. Questa potrebbe essere una via per la riforma delle pensioni a 62, 63 o 64 anni di età.

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