Esiste ancora la possibilità di pensione a 62 anni o con 37,10 di contributi con i contratti di espansione? Ecco la risposta e gli strumenti. Esiste ancora la possibilità di pensione a 62 anni o con 37,10 di contributi con i contratti di espansione? Ecco la risposta e gli strumenti.

Riforma pensioni 2025, la pensione anticipata non c’è più per nessuno

La riforma pensioni 2025 mira a non mandare in pensione anticipata nessuno, o quasi. Vediamo perché e quali sono i piani dell’esecutivo.

I lavoratori continuano a pensare alla pensione anticipata, ma con la riforma pensioni 2025, la priorità del Governo è quella di non mandare in pensione prima. Sembra assurdo, visto che il dibattito politico continua a girare intorno alla flessibilità in uscita, ma basta riflettere un attimo per comprendere che le misure che sono state varate negli ultimi anni sono specchietti per le allodole.

La necessità per mantenere la sostenibilità del sistema previdenziale è quella di spingere quanti più lavoratori possibili a ritardare il pensionamento e a restare, di fatto, nel mondo del lavoro. Ma questa è la via che si sta percorrendo già da qualche anno, anche se molti hanno fatto finta di non accorgersene.

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Riforma pensioni per non far anticipare più nessuno

L’obiettivo dell’esecutivo con il Piano strutturale è quello di incentivare la permanenza al lavoro non solo dei privati, ma anche dei lavoratori del pubblico impiego. Non si tratta solo di un progetto, ma di un vero e proprio impegno. Si era già capito da tempo che la direzione sarebbe stata questa però.

Basta pensare alle misure flessibili degli ultimi anni: quota 103, che prende il posto della 102 e poi introduce la penalizzazione. Una misura già restrittiva che permette il pensionamento solo a chi ha maturato 41 anni di contributi e ha compiuto i 62 anni, prevede anche un ricalcolo contributivo: in quanti l’avranno scelta per l’uscita dal mondo del lavoro?

Meglio aspettare altri due anni e uscire con la pensione anticipata ordinaria, avranno pensato la maggior parte dei lavoratori. E la misura è servita al suo scopo: è stata messa lì come opportunità, ma ha disincentivato all’uscita per non avere un assegno troppo basso.

Al fianco di questa misura il bonus Maroni che, al contempo, prevedeva un bonus economico in busta paga per chi, pur avendo raggiunto i requisiti della quota 103 decideva di rimanere al lavoro per rimandare il pensionamento.

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Già dallo scorso anno si tenta di disincentivare il pensionamento

Non solo la quota 103, nel 2024 anche l’opzione donna è stata modificata proprio per disincentivare l’utilizzo della misura prevedendo un anticipo minore a fronte della stessa penalizzazione prevista quando permetteva di andare in pensione fino a 9 anni prima. Se all’inizio la misura poteva essere conveniente perché la penalizzazione era “ammortizzata” dal maggior numero di anni per i quali si percepiva la pensione, oggi che l’accesso è dopo i 60 anni non è ancora così. Molto spesso, quindi, le lavoratrici preferiscono rimanere al lavoro per non pagare il prezzo troppo alto che questo tipo di anticipo richiede (facendo, quindi, quello che ci si aspettava inasprendo la misura).

Allo stesso tempo è stato previsto un ritardo dei pensionamenti anche per le categorie tutelate dell’Ape sociale, visto che l’età di accesso è stata innalzata di 5 mesi.

E si tratta della stessa strada che si vuole seguire prevedendo un aumento delle finestre di attesa da 3 a 7 mesi per accedere alla pensione anticipata ordinaria: la pensione anticipata, pian piano, non ci sarà più per nessuno se si continua di questo passo.