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Riforma pensioni, quella con il TRF prende il posto della quota 103: la proposta

Governo punta a sostituire Quota 103: ecco come il TFR potrebbe diventare la chiave per la pensione anticipata a 64 anni con maggiore flessibilità e sostenibilità.

Il dibattito sulla riforma delle pensioni torna al centro della scena politica, e con esso anche le possibili soluzioni per rendere il sistema più sostenibile e al passo con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Una delle proposte più discusse arriva dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che suggerisce un’innovativa modalità di uscita anticipata dal mercato del lavoro: utilizzare il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto, come strumento per accedere alla pensione prima del raggiungimento dei requisiti ordinari.

L’idea punta a superare definitivamente Quota 103, introducendo un modello più flessibile che possa adattarsi anche a carriere frammentate o non lineari, sempre più comuni nel mercato del lavoro attuale. Con la possibilità di anticipare l’uscita tra i 62 e i 64 anni, si intende offrire ai lavoratori una sorta di “ponte previdenziale” sostenuto dai risparmi già accantonati nel corso della vita lavorativa.

Come funzionerebbe il sistema basato sul TFR

Il cuore della proposta è l’utilizzo del TFR accumulato durante gli anni di lavoro come base per una rendita pensionistica integrativa. In pratica, invece di ricevere il TFR alla cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore potrebbe destinarlo a un prodotto previdenziale individuale capace di integrare l’assegno pubblico, soprattutto nei casi in cui i requisiti per la pensione anticipata non siano pienamente soddisfatti.

Questo approccio si rivelerebbe particolarmente utile per chi ha carriere discontinue, periodi di lavoro all’estero o interruzioni contributive. In concreto, la proposta prevederebbe che il lavoratore possa andare in pensione già a 64 anni con una rendita complessiva pari almeno a tre volte l’importo dell’assegno sociale (circa 1.500 euro lordi mensili), sommando pensione pubblica e rendita derivante dal TFR.

È importante precisare che il TFR non verrebbe versato nei fondi pensione classici, ma impiegato in strumenti specifici studiati per offrire una pensione integrativa personalizzata. Questo modello si inserisce nella più ampia riforma prevista per il 2026, fortemente orientata verso la flessibilità in uscita e l’equilibrio dei conti pubblici.

Verso la fine di Quota 103

Quota 103, attualmente in vigore ma destinata a scadere nel gennaio 2026, permette l’uscita anticipata con 62 anni d’età e 41 di contributi. Tuttavia, secondo lo stesso Durigon, questo sistema ha mostrato limiti di rigidità e non risponde più efficacemente alle esigenze del tessuto lavorativo moderno. Da qui l’intenzione di abbandonare il meccanismo delle “quote” per introdurre modalità più elastiche e personalizzabili, capaci di includere anche chi non ha avuto una carriera regolare o costante.

L’impiego del TFR come integrazione alla pensione risponde a una duplice esigenza: da un lato, garantire maggiore equità sociale, dall’altro alleggerire la pressione sul sistema previdenziale pubblico, messo sempre più a dura prova dal calo demografico e dall’invecchiamento della popolazione.

Un sistema più equo e sostenibile

La proposta si allinea con la visione del Governo Meloni, che punta a un sistema pensionistico meno oneroso per le casse dello Stato e più vicino ai bisogni dei cittadini. Offrire la possibilità di sfruttare il proprio TFR per accedere alla pensione in anticipo rappresenta una svolta significativa: non si tratta più solo di aspettare che l’INPS dia il via libera, ma di mettere a frutto ciò che è già stato maturato durante gli anni di lavoro.

In definitiva, se approvata, questa riforma potrebbe cambiare radicalmente il concetto stesso di pensionamento in Italia, segnando il passaggio da un sistema statico e universalistico a uno più dinamico, contributivo e modulabile sulle esigenze individuali.