Oggi ci sono lavoratori dipendenti che spesso adottano delle azioni e delle iniziative che finiscono con il farli entrare in una sorta di grande baratro. Parliamo di lavoratori e contribuenti che le autorità reputano furbetti a 360 gradi. E che alla luce di tutto questo subiscono lo stop alle pensioni, agli stipendi e alle indennità in men che non si dica. Furbetti dicevamo, perché alla fine dei conti sono delle iniziative messe in pratica dai diretti interessati a farli finire dentro questo autentico girone dantesco. La stretta dello Stato è arrivata, come una sorta di tolleranza zero adesso.
Stop pensioni, stipendi e indennità, basta poco per rischiare di finire così
Quali sono queste iniziative che spesso portano un lavoratore a rischiare di subire lo stop a stipendi, pensioni e indennità? Per comprendere tutto questo, dobbiamo partire dalle modifiche all’istituto del licenziamento e alla prassi che molti adottano da sempre e che adesso vede il contrasto da parte dello Stato.
Nel momento in cui un rapporto di lavoro arriva al capolinea perché sia il datore di lavoro che il dipendente decidono di interrompere, ecco che ci si siede a tavolino alla ricerca della migliore via possibile per entrambi. Perché entrambe le parti cercano di fare i loro interessi che sono diversi ma che alla fine portano ad una soluzione di comodo che fa contenti tutti, tranne lo Stato.
Ecco i problemi di oggi dopo la stretta nelle regole
Da un lato c’è l’interesse del datore di lavoro che preferirebbe le dimissioni come strumento di interruzione del rapporto di lavoro. Dall’altro lato c’è il dipendente che gradirebbe essere licenziato. Per il datore di lavoro c’è da evitare di pagare il ticket licenziamento. Parliamo del corrispettivo che il datore di lavoro deve versare quando licenzia un dipendente. Un corrispettivo tanto maggiore quanto più anziano di servizio è il dipendente licenziato. Ed è un obbligo che viene meno se è il dipendente a interrompere il rapporto di lavoro tramite dimissioni volontarie. Il dipendente invece sa bene che con le dimissioni non potrebbe poi godere della Naspi. Ecco perché preferisce essere licenziato. Così da finire con il rientrare nell’indennità per disoccupati INPS che dura la metà delle settimane lavorative degli ultimi 4 anni. Una indennità che si prende solo se la perdita del posto di lavoro del dipendente è involontaria.
Ognuno cerca di tirare l’acqua al suo mulino
Come si fa da sempre a far conciliare queste due diverse prerogative? Una delle soluzioni più adottate in passato dai dipendenti per spingere il datore di lavoro al licenziamento era l’assentarsi dal posto di lavoro. Continue assenze che spingevano inevitabilmente il datore di lavoro a licenziare il dipendente, magari anche per giusta causa (che è un fattore che non incide sul diritto alla Naspi). Oppure c’era la via alternativa, ovvero datore di lavoro e dipendente si accordano affinché quest’ultimo desse le dimissioni volontarie, con una immediata e nuova assunzione per pochi giorni presso una ditta amica e compiacente. Alla scadenza del cui breve contratto, il dipendente rientrava nel pieno diritto alla Naspi.
Stop pensioni, stipendi e indennità, perché?
Oggi arriva la stretta. Infatti se il licenziamento proviene da troppe assenze ingiustificate il licenziamento diventa indotto e quindi paragonabile alle dimissioni volontarie. E pertanto, niente Naspi. Lo stesso che accade se l’assunzione nella ditta compiacente dopo le precedenti dimissioni, è di durata inferiore a 3 mesi. E questo è l’altro limite. Il problema della mancata fruizione della Naspi, finisce con il rendere il dipendente privo di stipendio e indennità. Ma noi abbiamo ribadito che molti rischiano lo stop a stipendi, indennità e perfino alle pensioni.
Anche le pensioni, e facciamo riferimento all’Ape sociale e a quota 41 per i precoci. Due misure che si possono sfruttare al termine della Naspi. Misure di pensionamento anticipato che spettano a chi, arrivato a 63,5 anni di età con 30 anni di versamenti (Ape sociale), o a 41 anni di versamenti (quota 41), ha terminato di percepire la Naspi. Chi non ha diritto alla Naspi non ha diritto nemmeno a queste pensioni.