Badanti, colf e salario minimo: in Francia 12,76 euro all’ora, in Italia 9 euro sono troppi

Mario nava
Esiste una netta differenza sullo stipendio del lavoratore domestico tra Italia e Francia, dove lo Stato viene incontro a famiglie e lavoratori.
badante

In Italia c’è un primato (a dire il vero condiviso con almeno altri 6 Paesi europei) che non è certo una buona cosa per i 2 milioni di addetti ai lavori domestici che prestano servizio in Italia. L’Italia è tra i pochi Paesi europei dove la normativa sul lavoro non prevede un salario minimo prestabilito. Questa è una anomalia tutta Italiana di cui non andare fieri e che riguarda non solo il lavoro domestico ma tutti i settori lavorativi in generale.

Gli stipendi minimi previsti sono lasciati alla contrattazione collettiva, agli accordi tra le parti sociali, con i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro che a periodi fissi trovano accordo ogni anno per aggiornare i minimi al tasso di inflazione e per rinnovare di scadenza in scadenza i vari CCNL.

In altri Paesi europei, alcuni molto vicini a noi invece, il lavoro, anche quello domestico è tutelato da minimi retributivi prestabiliti che danno dignità al lavoratore. Ne è esempio lampante la vicina Francia, dove tra l’altro per garantire retribuzioni degne ai lavoratori domestici lo Stato viene incontro alle famiglie per non far gravare sui datori di lavoro l’impatto di questi minimi.

La differenza tra Italia e Francia è evidente

Tra l’altro da mesi si parla di inserire nel sistema lavorativo italiano il salario minimo garantito. Sarebbe la soglia minima al di sotto della quale un lavoratore non andrebbe pagato. E il settore domestico è uno di quelli che presenta i minimi più bassi, con badanti e colf che prendono stipendi davvero bassi rispetto alla generalità dei lavoratori e rispetto ai colleghi d’oltralpe.

Nel 2019 la Commissione Lavoro del Senato aveva incardinato l’iter su un disegno di legge che prevedeva 9 euro lordi per ora di lavoro come stipendio orario minimo da erogare ai lavoratori. Il provvedimento è rimasto fermo al palo, perché un salario così alto avrebbe causato il crack del sistema lavorativo e nel settore domestico più che in altri settori. Le famiglie avrebbero dovuto pagare per una lavoratrice impiegata come badante in regime di convivenza qualcosa come 2.000 euro al mese.

Troppo per famiglie il cui costo della badante spesso è sostenuto dagli stessi anziani a cui la badante presta assistenza e si tratta di pensionati al minimo anche loro che nemmeno se beneficiari dell’assegno di accompagnamento arrivano a percepire assegni previdenziali e assistenziali vicini a 2.000 euro.

Sul salario minimo l’Europa da tempo è in attesa

A dire il vero tutte le discussioni sul salario minimo nascono perché è l’orientamento della UE a prevederlo, con una risoluzione della Commissione Europea sul salario minimo che spinge gli Stati Membri ad adeguarsi.

Tornado ai cugini francesi va detto che è dagli anni 50 che il settore lavorativo gode di un salario minimo prestabilito per tutti i settori lavorativi.

“Salaire Minimum Interprofessionnel de Croissance” questo il nome del salario minimo transalpino fissato a 10,25 euro orari lordi. Ma questo è solo ciò che sborsano le famiglie, perché come dicevamo lo Stato sostiene la spesa che altrimenti sarebbe diventata di 12,76 euro ad ora. Ma le famiglie grazie a politiche fiscali di favore, soprattutto per gli anziani over 70 possono godere di detrazioni e crediti di imposta grazie ai quali a fronte dei 12,76 euro ad ore di retribuzione della badante, spendono solo poco più di 6,30 euro.

In Italia invece la paga oraria arriva ad 8,32 euro come spesa della famiglia che senza i vantaggi fiscali nostrani (nettamente inferiori ai francesi), arriverebbe a 9,28 euro. Infatti alla badante l’ora di lavoro produce questo, ma comprensivi di ratei ferie, tredicesime e così via. Per questo badanti e colf in territorio francese percepiscono stipendi più alti di almeno il 25% rispetto ai colleghi in servizio in Italia, dove tra l’altro proprio per il mancato aiuto statale, il 60% dei rapporti di lavoro è in nero.

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