Badanti e colf: ecco le differenze con gli altri settori lavorativi

Mario nava
badante

Italia, Spagna e Francia, sono questi i Paesi occidentali dove il lavoro domestico, soprattutto quello di baby sitter e badanti è più diffuso. Nei Paesi nordici infatti l’incidenza di queste figure professionali è assai inferiore. Anche la normativa di riferimento ed alcune tute sono differenti da Paese a Paese e nel settore, ci sono differenze sostanziali rispetto ad altre professioni in materia di normativa sul lavoro. 

Badanti e baby sitter e diritti dei lavoratori

Anche per il settore domestico ci sono regole e normative da rispettare in materia rapporto di lavoro. Una parte di queste regole dipendono dalla normativa generalista sul lavoro, mentre un’altra parte deriva dal CCNL di riferimento. In Italia infatti il settore domestico è dotato di riscaldamento un proprio documento collettivo. 

In sintesi possiamo dire che, con le dovute differenze relative alla figura del datore di lavoro domestico che non è sostituito di imposta, tra addetti al settore e generalità degli altri lavoratori, cambia poco in quanto a normativa. 

Per esempio vige la limitazione delle normali ore di lavoro settimanali alla stregua di tutti gli altri lavoratori, così come il diritto al riposo settimanale che è il medesimo rispetto a quello per gli altri lavoratori (a volte pure più favorevole). Anche per il domestico vige il salario minimo ed è previsto dal CCNL. Maternità e contribuzione previdenziale sono diritti del lavoratore domestico identici a quelli di qualsiasi altro settore.

Per il domestico c’è anche il diritto alla Naspi, cioè all’indennità di disoccupazione indennizzata Inps. Questo è un aspetto tipicamente italiano. Infatti nella stragrande maggioranza dei casi, i lavoratori del settore domestico non sono coperti dalle indennità di disoccupazione, ma in Italia è un diritto riconosciuto dal  Contratto collettivo italiano.

Diritti identici agli altri settori, ma il Fisco no

Ricapitolando, riposi, ferie, orari di lavoro, stipendio minimo tabellare, pensioni, disoccupazioni e così via, sono tutti diritti che anche la badante piuttosto che la colf, come un normale operaio di qualsiasi altro settore, tutelati per legge.

Ma c’è una sostanziale differenza con gli altri lavoratori e riguarda il lato fiscale del lavoro che spesso però incide sul livello reddituale del lavoratore.

I salari ancora piuttosto bassi del settore, specie per lavoratori privi di esperienza e certificazioni o ancora, per via della vogli di risparmio delle famiglie che li assumono, mettono il lavoratore domestico di fronte a diversi problemi di natura fiscale.

Il datore di lavoro non funge da sostituto di imposta e quindi non eroga per esempio, gli assegni familiari. Vanno richiesti direttamente all’Inps. E non effettua i conguagli fiscali ne le trattenute Irpef mensili (comprese le addizionali). Deve essere il lavoratore a provvedervi da solo con le dichiarazioni dei redditi.

Ma i salari bassi portano spesso il lavoratore a entrare nella no tax area, che se dal punto di vista delle trattenute è una cosa buona visto che non si versa l’Irpef dal momento che le detrazioni per lavoro dipendente superano le imposte, non è così per quanto riguarda gli oneri detraibili.

Spese dentistiche o specialistiche anche di importi rilevanti, per molti lavoratori del settore non possono essere scaricate dal reddito per mancata capienza di imposta. In altri termini, si sono pagate poche tasse per dare diritto a recuperare il 19% di quanto speso dal dentista.

E la questione capienza è stato un problema anche per il Bonus Renzi, che prevedeva un limite minimo di stipendio per essere erogato e per la no tax area non era previsto dal momento che si trattava di un bonus Irpef.

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