Prendersi cura di un familiare con disabilità grave è un atto di amore e responsabilità, ma è anche un impegno che spesso si scontra con i ritmi e le esigenze del lavoro. Per questo, l’ordinamento italiano prevede un diritto specifico: il congedo straordinario retribuito, che consente ai caregiver di interrompere l’attività lavorativa per assistere i propri cari, senza perdere il posto di lavoro e senza rinunciare al sostegno economico.
Cos’è il congedo retribuito?
Previsto dall’articolo 42 del Decreto Legislativo 151 del 2001, il congedo straordinario può durare fino a un massimo di due anni nell’intero arco della vita lavorativa e garantisce al dipendente la retribuzione, calcolata sulle voci fisse e continuative dell’ultimo stipendio percepito. Si tratta di un’indennità erogata dall’INPS, accompagnata dalla contribuzione figurativa, valida sia per acquisire il diritto alla pensione sia per calcolarne l’importo.
Questo diritto, però, è riservato a specifiche categorie di familiari conviventi con il disabile riconosciuto in situazione di gravità secondo la Legge 104/1992. A usufruirne in via prioritaria è il coniuge, il partner unito civilmente o convivente di fatto. In loro assenza, possono accedere al congedo il figlio convivente, un genitore, un fratello o una sorella oppure un altro familiare entro il terzo grado, ma solo se gli altri soggetti risultano inesistenti, deceduti o impossibilitati per ragioni mediche. L’ordine di priorità è rigido e va sempre rispettato.
Congedo straordinario e alternative oltre i due anni: cosa prevede la legge
Un dubbio frequente riguarda la possibilità di prolungare il congedo straordinario oltre il limite massimo. La legge, al momento, non consente alcun prolungamento, nemmeno in caso di peggioramento delle condizioni del disabile. Ma chi ha bisogno di ulteriore tempo può valutare un’altra strada: il congedo per gravi motivi familiari.
Questa misura è diversa e si configura come un’aspettativa non retribuita fino a due anni, anche non continuativi. Il lavoratore mantiene il posto di lavoro, ma non riceve lo stipendio e non matura contributi. È uno strumento prezioso per chi ha già usufruito del congedo straordinario ma ha bisogno di continuare ad assistere un parente in difficoltà.
La richiesta va presentata direttamente al datore di lavoro, allegando una certificazione medica che documenti la necessità di assistenza. Tuttavia, l’azienda può rinviare o riorganizzare l’assenza in caso di motivate esigenze produttive.
Il congedo straordinario retribuito resta una delle misure cardine a tutela della famiglia nel nostro ordinamento, e rappresenta una risposta concreta alla necessità di equilibrare lavoro e caregiving. In situazioni di maggiore durata, però, è bene sapere che alternative giuridiche esistono, anche se con minori tutele economiche.