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Ecco l’errore che fa perdere 5 mesi di pensione ed oltre 5.000 euro vengono lasciati all’INPS

Pensione anticipata 5.000 euro in fumo per un errore per chi rimanda la pensione di 5 mesi non sapendo la normativa.

L’attenzione quando si parla di pensioni deve essere massima, perché è davvero facile commettere piccoli errori o disattenzioni e si lasciano per strada mesi di prestazioni che invece sono perfettamente spettanti. E si lasciano anche soldi all’INPS in maniera davvero inopportuna.
Capire le regole, studiare le normative ed a volte affidarsi alle persone giuste possono essere le soluzioni adatte ad evitare di perdere soldi. Oggi analizziamo un caso particolare, anche se non è l’unico che può causare perdite di questo genere. Ecco l’errore che fa perdere 5 mesi di pensione ed oltre 5.000 euro vengono lasciati all’INPS.

Cosa bisogna controllare quando è il momento di andare in pensione?

Perdere pensione perché è stato commesso un errore, oppure perdere mesi di pensione per una disattenzione non è una cosa difficile da materializzarsi. Sono talmente tante le regole che il sistema pensioni italiano ha che sbagliare o non conoscerle tutte non è una cosa difficile. Per esempio c’è chi lascia della contribuzione inutilizzata. Un tipico esempio riguarda chi per esempio non riscatta dei periodi di contribuzione anche se gratis. Il servizio militare per esempio. Ma c’è anche chi non sfrutta la contribuzione versata in altri fondi obbligatori, finendo con il ricevere un trattamento più basso di quanto spettante. O con il rimandare l’uscita dal lavoro perdendo mesi o addirittura anni di pensione. Per il solo fatto che per via del mancato cumulo di tutti i contributi, si trova a non centrare un canale di uscita anticipato rimandando l’uscita alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

Ecco l’errore che fa perdere 5 mesi di pensione ed oltre 5.000 euro vengono lasciati all’INPS

Un caso particolare riguarda gli addetti a determinati lavori che possono godere di un anticipo di qualche mese sulla pensione e che invece molti non sanno di poter sfruttare.
Con 30 anni di contributi si può andare in pensione a 66 anni e 7 mesi di età e non a 67 anni. Significa 5 mesi prima.
Le pensioni collegate all’aspettativa di vita sono una costante. Infatti pare che dal 2027 si dovrebbero inasprire i requisiti di accesso alla pensione dopo anni di stop. Infatti l’ultimo scatto è stato registrato nel 2019, quando la pensione di vecchiaia è passata da 66 anni e 7 mesi di età a 67 anni. ma l’aumento non è stato imposto ai lavoratori che rientrano nelle categorie di lavoratori che per attività svolta rientrano nell’APE sociale, nella Quota 41 per i precoci e nello scivolo usuranti con quota 97,6.
Significa che chi svolge un lavoro gravoso o ne svolge uno usurante, a 66 anni e 7 mesi può andare in pensione con la quiescenza di vecchiaia. Ma non bastano 20 anni di contributi perché ne servono almeno 30 e tutti effettivi, nel senso che nei 30 anni non si considerano i figurativi, i volontari o quelli da riscatto per esempio.

Ecco il duro colpo che si subisce per un piccolo errore che però tanto piccolo non è

Potrà sembrare strano, ma questo meccanismo che anticipa di 5 mesi la pensione è poco usato. Perché molti non conoscono questa opportunità. Ma anche perché spesso chi dovrebbe consigliare bene i lavoratori, ovvero patronati e consulenti, non fanno bene il loro mestiere. E allora ecco che c’è chi anche potendo uscire 5 mesi prima non lo fa. Passando ad incassare la pensione sono dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento dei 67 anni di età e non da quello del compimento dei 66 anni e 7 mesi. Possono sembrare piccole cose questi 5 mesi ma invece non lo sono. Perché per esempio, basta una pensione da 1.000 euro al mese rimandata di 5 mesi per far perdere al diretto interessato 5.000 euro. E se la pensione spettante è più alta, la perdita è ancora più alta. Senza considerare che rimandare la pensione di 5 mesi fa perdere 5/12 di tredicesima a fine anno.