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L’aumento delle pensioni finisce davanti alla Corte Costituzionale, arretrati in arrivo per i pensionati?

Si aprono scenari importanti adesso per quanto riguarda il capitolo pensioni e soprattutto per la rivalutazione delle pensioni. Un argomento che come ogni anno, di questi tempi torna a tenere banco. Perché l’ISTAT santifica il tasso di inflazione previsionale con cui l’INPS da gennaio dovrà adeguare i trattamenti.

Pensioni che aumentano in maniera diversa in base all’ammontare della pensione. Penalizzando in termini di percentuale di aumenti, le pensioni più alte. Con un meccanismo a scalare che è finito adesso davanti alla Consulta. Un ricorso di un pensionato e la decisione della Corte dei Conti adesso finiscono davanti ai giudici costituzionalisti.

E nel caso in cui il ricorso venga approvato, si aprono scenari davvero particolari per molti pensionati. Perché l’aumento delle pensioni finisce davanti alla Corte Costituzionale, e non è esagerato ipotizzare che presto potrebbero esserci arretrati in arrivo per i pensionati.

L’aumento delle pensioni finisce davanti alla Corte Costituzionale, arretrati in arrivo per i pensionati?

Partiamo dal capire bene di cosa parliamo. Le pensioni ogni anno vengono adeguate al tasso di inflazione. Su questo non ci sono dubbi. Ma solo le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo godono di quella che i tecnici chiamano perequazione piena.

Se oggi, come sembra, il tasso di inflazione è pari all’1,6%, solo quelle pensioni saranno adeguate con l’1,6% di incremento. Per quelle più alte si scende progressivamente. Così per le pensioni fino a 5 volte il trattamento minimo, la perequazione è pari all’85% dell’1,6% (esattamente 1,36%).

Man mano che salgono i trattamenti, sale il taglio fino ad arrivare al 22% per le pensioni sopra 10 volte il trattamento minimo INPS. Ed è proprio il blocco della rivalutazione, anche se parziale, per le pensioni più alte l’argomento del ricorso di un dirigente scolastico in Toscana, che però sembra abbia operato anche come rappresentante di altri colleghi.

La perequazione ed il meccanismo che taglia gli aumenti delle pensioni per alcuni contribuenti


Si sollevano dubbi di incostituzionalità per quanto riguarda il meccanismo con cui l’INPS adegua le pensioni degli italiani. L’Ordinanza numero 33-63059 della Corte dei Conti in Toscana di fatto, non fa altro che rimandare alla Consulta la valutazione del problema di incostituzionalità di questa normativa.

E per lo Stato potrebbero arrivare tempi duri. Come in passato quando la perequazione di stipendio e pensioni bloccata dalla legge Fornero generò l’obbligo del governo di risarcire i danneggiati.

Le motivazioni nell’ordinanza della Corte dei Conti

Il 6 settembre scorso l’ordinanza della Corte dei Conti apre a questi scenari. Perché l’articolo numero 1, comma 235, della legge di Bilancio 2023 fissando il meccanismo della rivalutazione delle pensioni come prima spiegato, stride con alcuni articoli della Costituzione.

Non considerando che il pensionato che ha trattamenti più alti non li ha ricevuto per semplice privilegio o per “grazia ricevuta”. Ma perché è stato bravo durante la vita lavorativa a garantirsi un futuro più roseo come pensionato. Questi sono i rilievi mossi in questa maxi ordinanza della Corte dei Conti che passa la palla alla Corte Costituzionale.

Per esempio, l’articolo numero 36 della Costituzione parla di proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro. In termini pratici, la retribuzione deve essere commisurata e quindi più alta per chi svolge un lavoro elevato qualitativamente e quantitativamente. E da pensionati questi soggetti non possono essere penalizzati. Ed il mancato, pieno aumento della pensione, potrebbe essere un qualcosa che va contro i principi della Costituzione.

Ecco cosa potrebbe accadere adesso ai pensionati

Al momento si deve attendere l’esito delle valutazioni degli ermellini della Consulta. Ma se davvero i giudici saranno d’accordo con la Corte dei Conti e andranno contro l’interpretazione data dall’INPS in materia, allora si può già ipotizzare cosa succederà. Ai pensionati che per gli anni 2022, 2023 e 2024 hanno ricevuto una perequazione non piena ed integrale del trattamento pensionistico, potrebbero essere dovuti gli arretrati. In pratica tutto ciò che è mancato mese per mese dovrebbe essere rimborsato.

E parliamo di cifre rilevanti, probabilmente insostenibili vista la penuria di risorse che il governo ha a disposizione. Ma come già visto in passato, se la Consulta ordina di guardare a ritroso, lo Stato deve concedere anche gli arretrati.

Sempre che non si trovi una via di comodo, magari decidendo di rimborsare con un “premio” una tantum i penalizzati come già successo in passato con la questione già accennata prima del blocco della perequazione dei tempi della legge Fornero.