Pensioni 2024, resta la riforma Fornero, ma per molti è un vantaggio

mazzarella
Perché sulle pensioni la riforma Fornero favorisce alcuni lavoratori e se viene corretta rischia di sortire effetti negativi.
riforma pensioni

Dire che la riforma Fornero avvantaggi qualcuno può sembrare una stranezza se si considera il netto peggioramento dei requisiti di accesso alle pensioni. Saremo considerati in controtendenza, ma fatto sta che a molti la riforma Fornero ha risolto dei problemi più che causarli. E forse è pure sbagliato parlare solo ed esclusivamente di riforma Fornero. Infatti nel sistema pensionistico italiano le cose sono cambiate molto con l’ingresso della riforma Dini. La Fornero poi non ha fato altro che andare dietro alla precedente riforma Dini, potenziando l’obbiettivo finale di quest’ultima. Si tratta del passaggio al sistema contributivo. Una cosa che però avvantaggia qualcuno anche inconsapevolmente. Naturalmente c’è anche il rovescio della medaglia, perché mentre c’è chi trae beneficio da una norma, c’è chi ne viene duramente penalizzato.

Come è difficoltoso lasciare il lavoro in Italia

riforma fornero

Andare in pensione nel 2023 può sembrare una cosa facile, molto facile. Soprattutto per chi si trova ad aver completato i requisiti utili sia come età che come contributi. Considerazione sbagliata, perché spesso la pensione da parte dell’Istituto previdenziale italiano è negata. E non per colpa di errori di calcolo dell’INPS, o di sbagli da parte del diretto interessato. Non sempre è un errore commesso da chi ha conteggiato male i gli anni di contribuzione da dover versare. Il sistema previdenziale è pieno di regole e vincoli che spesso possono rappresentare un’autentica insidia per i lavoratori. Capita per esempio che un lavoratore in passato, abbia deciso di effettuare operazioni sui contributi, che al posto di sortire effetti positivi hanno causato un danno allo stesso lavoratore. Ed il tutto in maniera completamente inconsapevole.

Niente pensioni a 64 anni per colpa di un anno in più di contributi?

Andare in pensione a 64 anni è possibile ma solo completando tutti i requisiti
utili alla pensione anticipata contributiva. Che non si riducono solo alla giusta carriera contributiva o alla giusta età anagrafica. Come ogni misura in deroga ai requisiti ordinari, anche questa
prevede dei requisiti aggiuntivi. Infatti la pensione anticipata contributiva è
una misura che prevede anche il completamento di due requisiti specifici. Entrambi necessari e
fondamentali per permettere l’accesso alla prestazione anticipata. I due vincoli sono che il primo
contributo versato non deve essere antecedente del 1996 e che la pensione liquidata alla data di
uscita dal lavoro sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale. Il sistema contributivo in questo caso avvantaggia, e lo farà anche nel 2024. A 64 anni di età con 20 anni di contributi la misura è la migliore che esiste di questo genere.

Pensioni 2024, resta la riforma Fornero, ma per molti è un vantaggio

Può essere che per colpa di un anno in più di contributi si finisca con l’essere
esclusi da una determinata pensione? Una domanda che può sembrare assurda ma che invece è
assolutamente realistica. Soprattutto se si parla di pensioni. L’anno del servizio militare obbligatorio è un anno perfettamente valido ai fini pensionistici. Ma alla luce di ciò che vedremo, ci sarà chi, non avendo svolto il servizio militare, o avendolo dimenticato, può andare in pensione più facilmente di chi invece ha deciso di sfruttarlo e metterlo nel montante contributivo. Nessuno lo sa ma l’INPS ha dei meccanismi che sono irreversibili. Il riferimento è allo status di contributivo puro.

Ecco quando perdere lo status di contributivo conviene per le pensioni

Si tratta del fatto che come dicevamo prima il lavoratore non deve avere i contributi versati prima del 1996. E si tratta di contributi a qualsiasi titolo versati, perché anche la contribuzione figurativa se antecedente nel 1996 fa perdere questo status. Che comunque resta fattore determinante per poter accedere alla pensione anticipata contributiva. Che significa tutto ciò? Che un lavoratore che per esempio ha riscattato l’anno del servizio militare, che è un riscatto completamente gratuito, si può trovare di colpo a non essere più considerato contributivo. Lo stesso vale per chi riscatta, anche se a pagamento, gli anni del corso di studio universitario. In pratica qualsiasi periodo di contribuzione figurativa antecedente nel 1996 fa perdere questo status e quindi il diritto alla prestazione anticipata contributiva a 64 anni di età. Per contro però, a volte chi perde questo status, ci guadagna. Per esempio questo è il caso di chi a 67 anni di età se contributivo puro, rischia di restare senza pensione.

La pensione di vecchiaia per i contributivi

Andare in pensione a 67 anni vale sia per i contributivi che per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e quindi non è un contributivo puro. Per tutti bastano 67 anni di età e 20 anni di contributi. Ma per i contributivi serve le pensioni per essere liquidate devono essere pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Se non si arriva ad una pensione superiore a 700 euro (e forse a 750 nel 2023), niente pensione di vecchiaia. Riscattando un anno di contribuzione antecedente il 1996, ecco che la soglia minima della pensione non è più determinate. Infatti chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, potrà accedere alla pensione a 67 anni con 20 di contributi, a prescindere dall’importo del trattamento.

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