Pensioni: nuova riforma Fornero? Ecco gli scenari

Mario nava
Senza quota 100 ma probabilmente con proroga Ape sociale e Opzione donna, e poi, il ritorno alle regole della legge Fornero
pensioni

Il 2022 segnerà in materia previdenziale un ritorno al passato. Infatti, in attesa che arrivino buone nuove dal summit convocato dal Ministro del Lavoro, Andrea Orlando domani con i sindacati, tutto fa pensare che dal 2022 si tornerà alle pesanti regole Fornero.

La quota 100 cesserà di esistere e si fa sempre più concreto il pericolo scalone di 5 anni tra gli ultimi beneficiari della misura ed i primi esclusi.

Ma come si andrebbe in pensione nel 2022 se davvero tutto resterà come oggi? Ecco lo scenario che oggi appare più probabile, soprattutto perché il tempo stringe e le proposte dei sindacati sembrano tutto fuorché semplici da accettare da parte del governo.

Le misure 2022, cosa cambia?

Ad oggi possiamo dire che l’unica certezza è la cancellazione di quota 100. Niente più pensione a 62 anni con 38 di contributi. Un lavoratore nato nel 1960 sarà il primo a dover fare i conti con la cancellazione della misura perché il 62imo anno di età viene completato a misura estinta.

Nella prossima legge di Bilancio è facile che vengano promosse le proroghe di un altro anno dell’Ape sociale e di Opzione donna. Queste le misure che potrebbero essere usate per addolcire il colpo della chiusura di quota 100. Ma sono due misure che con la quota 100 non centrano nulla.

L’Ape sociale parte dai 63 anni, ma non è per tutti come la quota 100, perché è una misura destinata a disoccupati, caregivers, invalidi e lavori gravosi.

Opzione donna invece è destinata solo alle lavoratrici, ma con un calcolo della pensione nettamente sfavorevole in quanto si adottano le regole di calcolo del sistema contributivo, mentre per la quota 100 si adotta il calcolo del sistema misto.

Le proposte dei sindacati sono irricevibili

E dal 2022 si tornerà a fare i conti con una nuova era della riforma Fornero. Si assottigliano le possibilità. Resta la pensione anticipata, ma con ben 42,10 anni di contributi per gli uomini e 41,10 per le donne. Resta la quota 41, misura però complicata e destinata solo a precoci e soprattutto, a disoccupati, caregivers, invalidi e lavori gravosi. E resta la pensione di vecchiaia, ma con 5 anni di dislivello rispetto a quota 100 come età pensionabile.

Infatti questo è lo scalone, perché la pensione di vecchiaia si centra a 67 anni di età. E le proposte dei sindacati, con la quota 41 per tutti o la pensione flessibile dai 62+20, sono costose e rischiose per la sostenibilità.

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