Riforma delle pensioni, si esce a 60 anni, ma quanti contributi?

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Riforma delle pensioni, si esce a 60 anni, ma quanti contributi? ecco una ipotetica riforma sostenibile e flessibile.
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La riforma delle pensioni è senza dubbio una delle cose che il governo Meloni deve portare a compimento. Appare evidente che la riforma delle pensioni come era difficile in passato, lo è ancora oggi e naturalmente i margini di intervento dell’attuale governo sono piuttosto ristretti. A maggior ragione anche perché c’è sempre da fare i conti con le direttive di Bruxelles che non vedono di buon occhio le ipotesi di anticipare le pensioni. Direttive che impongono all’Italia una specie di parsimonia dal punto di vista della spesa pubblica e naturalmente sulle pensioni.

Riforma delle pensioni, si esce a 60 anni, ma quanti contributi?

La novità più importante del 2023 è stata la quota 103. Si tratta di una misura che ha sostituito la quota 102. Da 38 anni di contributi versati necessari per la quota 102 si è passati così ai 41 anni di contributi versati necessari alla quota 103, mentre l’età è scesa. Infatti si è passati dai 64 anni della quota 102, ai 62 di oggi. Ma l’ipotesi più allettante sarebbe quella di portare i pensionamenti a 60 anni, naturalmente penalizzando le uscite sull’assegno incassato. E rendendo così la misura flessibile. Ma come potrebbe essere sostenibile una misura che consente il pensionamento a 60 anni, magari con solo 20 anni di contributi?

Si deve partire dai 60 anni ma con 20 si contributi e calcolo contributivo

Si potrebbe pensare di introdurre una uscita a 60 anni per tutti in perfetto stile opzione donna. Naturalmente con i correttivi opportuni perché non ci devono essere quelle limitazioni di platea oggi introdotte per la pensione contributiva donne. Ed anche, senza vincolare la misura alle sole donne e copiando di fatto solo il penalizzante calcolo contributivo. Mandare in pensione chi ha 60 anni, con 20 anni di contributi e magari non ha più un lavoro, non è certo un miracolo epocale. Anche perché lo Stato sembra prendere in considerazione il fatto che a 60 anni una persona sia poco attivabile al lavoro. Lo dimostra l’attuale reddito di cittadinanza, che considera non occupabili gli over 60. E allora perché tenere come bisognosi di sussidio quanti potrebbero percepire la loro pensione? anche perché anticipare la quiescenza per questi soggetti alla fine produrrebbe una pensione meno ricca rispetta a quella che finirebbero per percepire a 67 anni. Notizia questa positiva per le casse statali.

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