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Riforma pensioni 2025, si perde un anno? Ecco cosa cambia a 63 anni

Ecco perché si perderà un altro anno per la vera riforma delle pensioni.

La riforma delle pensioni è praticamente al palo. Nonostante se ne parli sempre, l’ultimo summit che ha riguardato il tavolo delle trattative tra governo e sindacati è del 2023, precisamente a settembre. Eppure, si continua a parlare della quota 41 per tutti. Una misura che a dire il vero è ancora oggi difficile da varare. Nonostante si parli con insistenza di una misura che potrebbe guardare al calcolo contributivo per essere inserita nel sistema. Difficile varare nuove misure nonostante si pensi ad un calcolo delle prestazioni basate su regole che alleggeriscono il carico della spesa pubblica. Per questo se c’è qualcosa che accadrà nel 2025, probabilmente è un nuovo inasprimento dei requisiti. E sulla riforma pensioni 2025, si perde un anno, questo è ciò che probabilmente accadrà. Un altro anno senza novità sostanziali ma anche un altro anno in più di attesa per chi può aspirare ad una pensione anticipata.

Riforma pensioni 2025, si perde un anno? Ecco cosa cambia a 64 anni

Le pensioni ordinarie dovrebbero partire nel 2025 con i medesimi requisiti di oggi. In pratica, il collegamento delle pensioni alle aspettative di vita, che in genere produce un incremento dei requisiti, non dovrebbe impattare. Però i legislatori spesso adottano una soluzione diversa. Anche non aumentando i requisiti anagrafici e contributivi vengono imposte nuove finestre di decorrenza che di fatto spostano in avanti le uscite per i lavoratori. Un tipico esempio è ciò che è successo con la quota 41 precoci o con le pensioni anticipate ordinarie a cui sono state imposte le finestre di 3 mesi. Per esempio, chi esce dal lavoro adesso con 42 anni e 10 mesi di contributi lo fa aspettando tre mesi per prendere il primo rateo. E spesso questi tre mesi vengono trascorsi lavorando. Di fatto si tratta di tre mesi di inasprimento celati e nascosti. Ma questo è il passato. Tornando all’attualità, anche il 2025 si dovrebbe aprire senza grandi sconvolgimenti sul sistema previdenziale.

Le finestre, l’attesa per la pensione e perché le uscite diventano più lontane

Si parla di quota 41 per tutti ma con calcolo contributivo. Questo significa che gli interessati dovrebbero accettare un calcolo sfavorevole della pensione per uscire con 41 anni di contributi e non con 42,10. A dire il vero, anche i non addetti ai lavori trovano corretta questa strada. Perché effettivamente se flessibilità deve essere, questa non può non passare da una penalizzazione per chi esce dal lavoro prima. Altrimenti la quota 41 per tutti diventerebbe una soluzione unica, che cancellerebbe la pensione anticipata ordinaria in maniera definitiva. Ripetiamo, la quota 41 per tutti era difficile da varare. E resta difficile anche se dentro finiscono le penalizzazioni tipiche del sistema contributivo. A tal punto che, contributiva o meno, la misura difficilmente vedrà i natali almeno per il 2025.

Da 62 a 63 anni, ecco la nuova strada della quota 103

Per questo è più probabile che il 2025 si apra con qualche altra modifica a misure già oggi in vigore che vanno solo prorogate. E si perderebbe un altro anno senza riforma del sistema. Anche il 2025 passerà così come sono passati gli ultimi anni, solo a parlare di riforma ma senza mai mettere mano al sistema. Ma un anno in più non sarà solo l’attesa per questa ipotetica riforma. Un anno in più potrebbe essere imposto anche alle misure di pensionamento oggi in vigore ed in scadenza il 31 dicembre 2024. Si parla per esempio di un anno di età in più per la quota 103. La misura, che è contributiva come rinnovata quest’anno, nel 2025 potrebbe passare da un’età di 62 anni ad una di 63 anni. Questo significherebbe che da quota 103 si passerà a quota 104. E se oggi c’è la possibilità di uscire con 62 anni di età e 41 anni di contributi, nel 2025 si passerebbe a 63 anni di età e 41 anni di contributi.

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