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Riforma pensioni 2026, cosa cambia per chi ha 63 anni?

Riforma pensioni 2026: cosa cambia per chi ha 63 anni? Ecco le ipotesi su uscita flessibile, penalizzazioni e futuro di Quota 103.

Il 2026 sarà un anno cruciale per la previdenza italiana. Con l’attuale sistema di quote e misure ponte ormai giunto al capolinea, il governo è al lavoro su una riforma strutturale delle pensioni che dovrà affrontare il nodo più spinoso: il superamento della Legge Fornero e l’introduzione di nuove formule flessibili di uscita. Ma cosa cambierà per chi nel 2026 compirà o avrà già compiuto 63 anni?

Fine delle misure “ponte”: addio a Quota 103?

Una delle principali novità riguarda Quota 103, misura sperimentale introdotta nel 2023 che consente il pensionamento con 62 anni di età e 41 di contributi. La misura, già prorogata fino alla fine del 2024, potrebbe non essere rinnovata nel 2025 e non è ancora certo che sopravviva nel 2026. Di conseguenza, chi ha 63 anni nel 2026 potrebbe trovarsi in una terra di mezzo, troppo giovane per la pensione di vecchiaia (67 anni), ma senza uno scivolo attivo per il ritiro anticipato.

Tra le proposte più accreditate al tavolo tecnico con i sindacati, torna l’idea di una uscita flessibile a partire dai 63 o 64 anni, con almeno 20 anni di contributi. In cambio, però, si prevedono penalizzazioni sull’assegno, soprattutto se si accede alla pensione in anticipo rispetto ai 67 anni della vecchiaia ordinaria. In pratica, per ogni anno di anticipo potrebbe essere applicato un taglio percentuale dell’importo, oscillante tra il 2 e il 3%.

Questo scenario aprirebbe comunque uno spiraglio a molti lavoratori che oggi si trovano in difficoltà, soprattutto chi ha iniziato a lavorare presto ma non ha raggiunto i 41 anni di contributi.

Riforma pensioni 2026: Opzione Donna e Ape Sociale

Per i lavoratori fragili e per le donne, alcune vie d’uscita anticipate potrebbero rimanere attive, ma riformulate. L’Opzione Donna oggi consente il pensionamento a partire da 59 anni con forti penalizzazioni e solo in casi specifici (donne con figli, caregiver o lavoratrici di aziende in crisi). È possibile che venga estesa o modificata, ma tutto dipenderà dalla disponibilità di risorse.

Discorso simile per l’Ape Sociale, che attualmente consente il ritiro a 63 anni e 5 mesi in presenza di condizioni particolari (disoccupazione, invalidità, lavoro gravoso). La sua permanenza nel sistema dipenderà anch’essa dalla riforma e dalle coperture finanziarie.

La sfida: superare la Fornero senza creare squilibri

Il nodo centrale della riforma resta lo smantellamento graduale della Legge Fornero, che fissa a 67 anni l’età per la pensione di vecchiaia. Tuttavia, ogni tentativo di abbassare l’età pensionabile si scontra con i vincoli di bilancio e l’allarme dei tecnici su possibili squilibri del sistema.

Per chi ha 63 anni nel 2026, il destino dipenderà dalle decisioni dei prossimi mesi: tra possibili nuove formule di flessibilità, proroghe selettive e modifiche delle misure esistenti, è ancora presto per parlare di certezze, ma il quadro si fa via via più delineato.