La riforma delle pensioni prevista per il 2026 è uno dei temi centrali dell’agenda politica, ma ancora oggi non si intravedono certezze. Dopo anni di sperimentazioni come Quota 100, Quota 102, Quota 103 e proroghe annuali di misure come l’Ape sociale e Opzione donna, l’obiettivo dichiarato dal governo è quello di arrivare a una riforma strutturale e definitiva.
Tuttavia, a pochi mesi dalla legge di bilancio, il quadro è ancora frammentato e il rischio concreto è che anche il 2026 si traduca in un nuovo sistema ponte, senza una vera revisione della Legge Fornero.
Le ipotesi in campo: flessibilità e sostenibilità
Il punto di partenza della riforma resta il nodo dell’uscita flessibile dal lavoro. L’ipotesi più accreditata prevede la possibilità di andare in pensione tra i 63 e i 67 anni, con penalizzazioni crescenti in base all’età anagrafica e al numero di anni di contributi.
Un altro tema chiave è il passaggio al contributivo puro per tutti i lavoratori, che garantirebbe più equità generazionale, ma anche assegni più bassi per chi ha carriere discontinue o ha iniziato a lavorare tardi.
Si discute anche della possibilità di rafforzare i meccanismi di previdenza complementare, incentivando i lavoratori a costruirsi una pensione integrativa a fianco di quella pubblica. Una scelta che però richiederebbe politiche di incentivo fiscale più forti, soprattutto per i redditi medio-bassi.
Restano poi da chiarire le sorti di strumenti oggi in vigore come:
- Quota 103, che potrebbe essere prorogata o riformulata;
- Opzione donna, che richiede un intervento di rilancio dopo le forti restrizioni del 2024;
- Ape sociale, che potrebbe essere estesa ad altre categorie fragili.
Cosa aspettarsi entro la fine del 2025
Il nodo sarà sciolto con la prossima legge di bilancio. Entro ottobre, il governo dovrà presentare un pacchetto di misure credibili, che permetta un’uscita anticipata dal lavoro senza compromettere l’equilibrio dei conti pubblici.
Le parti sociali spingono per una riforma più inclusiva, che tenga conto dei lavori gravosi, delle carriere discontinue e dell’impatto delle crisi economiche su giovani e donne. Ma l’esecutivo dovrà fare i conti con le regole europee e con la necessità di non far crescere troppo la spesa previdenziale.
In attesa di un testo ufficiale, l’unica certezza è che il tempo stringe. I lavoratori che vorrebbero andare in pensione nel 2026 non hanno ancora uno scenario chiaro davanti a sé, e cresce l’incertezza su come pianificare l’uscita dal lavoro.