Una nuova opzione donna con una via diversa

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Una nuova opzione donna con una via diversa, che ridurrebbe anche il taglio di assegno del contributivo per le lavoratrici.
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Recuperare quanto di buono ogni misura pensionistica proposta per la riforma delle pensioni per un mix di interventi che servono al sistema come il pane. Questo sarebbe ciò che molti auspicano a prescindere dalla misura che vorrebbero venisse introdotta. Ed anche opzione donna non è da meno. Soprattutto alla luce dell’anomala proroga alla misura decisa dal governo Meloni. Addirittura c’è chi sostiene che chiamarla proroga è sbagliato. Infatti molto è cambiato sulla misura rispetto al passato. A tal punto che già si parla di correttivi. Ma potrebbero esserci novità più profonde del semplice passo indietro del governo sulle novità 2023.

Opzione donna 2022 e 2023, cosa è cambiato?

Ad osservare da vicino opzione donna 2023, si evince nettamente che molto è variato rispetto al recente passato. E non c’è niente di meglio di un riepilogo dei requisiti della misura per capire bene il cambiamento. Opzione donna nel 2022 consentiva di lasciare il lavoro alle lavoratrici che si trovavano:

  • con 35 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 2021;
  • con 58 anni di età se dipendenti o 59 anni di età se autonome completati entro il 31 dicembre 2021.

Nel 2023 la misura invece è collegata a diversi fattori. Innanzi tutto opzione donna può essere percepita da:

  • disoccupate;
  • assunte in aziende in crisi aperta;
  • invalide al 74% almeno;
  • caregivers.

Come requisiti invece, servono:

  • 35 anni di contributi versati al 31 dicembre 2022;
  • 60 anni di età completati al 31 dicembre 2022;
  • 59 anni di età completati al 31 dicembre 2022 se la lavoratrice ha avuto un figlio;
  • 58 anni di età completati al 31 dicembre 2022 se la lavoratrice ha avuto due o più figli.

La nuova misura, come dovrebbe funzionare?

Alzare il tetto anagrafico per le uscite con opzione donna per tutte portandolo a 60 anni di età. Questa la soluzione anti discriminazioni. Eliminare quindi anche la distinzione vecchia tra autonome e dipendenti. Ed azzerare naturalmente quella odierna che vede dentro le variazioni, i figli, oppure determinate categorie di soggetti in perfetto stipe Ape sociale o quota 41 precoci. E sarebbe un primo passo verso una normalizzazione della misura. Che potrebbe trovare maggiore appeal se si passa al detonare in parte il problema del ricalcolo contributivo della prestazione. Lasciando inalterato il ricalcolo con taglio di assegno anche del 35% come alcuni studi hanno messo in risalto. Ma limitando il taglio a tutti gli anni di anticipo e non a tutta la vita delle lavoratrici. In pratica si potrebbe correggere la misura, ricalcolando la prestazione a 67 anni di età. Con l’aggiunta della parte contributiva precedentemente tagliata alla data di uscita dal mondo del lavoro.m

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