Aprire una partita IVA per arrivare alla pensione: a volte può funzionare

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Alle volte aprire una partita IVA potrebbe essere la soluzione per arrivare alla pensione, vediamo perchè.
Ecco come andare in pensione in anticipo 2023 a chi ha perso il lavoro nel 2022 ed ha sfruttato il periodo di Naspi.

Molti sono i lavoratori che nel corso dell’ultima crisi economica si sono trovati a rimanere senza lavoro pur non avendo raggiunto il diritto alla pensione. Molti ci scrivono definendosi “troppo vecchi per lavorare ma ancora troppo giovani per la pensione” e la cosa, in qualche modo è vera.

Superata una certa età ci si trova esclusi dal mondo del lavoro: nessuno (o quasi) assume un 60enne. E molto spesso chi si trova in questa situazione, non trovando un nuovo contratto ripiega verso lavoretti occasionali, magari con ritenuta d’acconto.

Senza pensare che, magari, aprendo una partita IVA si hanno maggiori possibilità di trovare diversi committenti e che, al tempo stesso, si ha la possibilità di versare contributi utili alla pensione con la stessa tassazione (o quasi) applicata alla ritenuta d’acconto.

Partita Iva per arrivare alla pensione, perché conviene?

Le attuali forme semplificate di partita IVA, infatti, prevedono la tassazione forfettaria (e quindi non sul totale dei guadagni) al 15% o al 5% e il versamento dei contributi solo sull’effettivo guadagno.

Poniamo il caso di un disoccupato che viene ingaggiato per lavoro occasionale con ritenuta d’acconto per un compenso di 1000 euro. Si quell’importo il committente tratterrà il 20% a titolo di ritenuta e, quindi, il lavoratore percepirà effettivamente 800 euro senza versare nulla a titolo di contributi per la pensione. Ai fini della pensione, quindi, il lavoro a ritenuta d’acconto è praticamente nullo.

Supponiamo, invece, che apra una partita IVA con il regime dei minimi al 5% con iscrizione alla Gestione Separata INPS e che guadagni sempre gli stessi 1000 euro. Supponiamo, poi, che per il codice ATEVO la produttività forfettaria su cui calcolare le tasse sia del 67%.

Il lavoratore non pagherà le tasse su tutti i 1000 euro, 330 euro saranno netti ed esentasse. Sui restanti 670 euro, invece, sarà chiamato a versare il 5% di tasse (ovvero 33,5 euro) ed il 33% di contributi per le Gestione Separata (211 euro circa). Pagando, quindi 245 euro lo stesso lavoratore si mette in tasca 750 euro (invece degli 800 previsti con la ritenuta d’acconto) e si troverà anche dei contributi versati ai fini della pensione.

E non si rischia di dover pagare se non si guadagna nulla: le tasse e i contributi, per alcuni codici ATECO, si pagano solo sull’effettivo guadagno (questo non vale per gli artigiani e i commercianti che hanno l’obbligo di versamento anche se non guadagnano nulla).

Il ragionamento può essere valido per coloro cui mancano pochi anni di contributi per centrare la pensione anticipata ma anche per coloro che non hanno raggiunto i 20 anni di contributi minimi per accedere alla pensione di vecchiaia.

Da considerare, poi, che versando contributi nella Gestione Separata INPS è possibile, per chi riesce a soddisfare i requisiti, richiedere il cumulo dei contributi nella gestione stessa che permette l’accesso alla pensione con 64 anni di età e con 20 anni di contributi, in alcuni casi.

Ovviamente la convenienza varia di caso in caso e proprio per questo motivo vi consigliamo di rivolgervi ad un commercialista per valutare la fattibilità della cosa.

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