Ecco il fatale errore da non commettere con la pensione

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Ecco come evitare il rischio di perdere la pensione per il divieto di cumulo con redditi da lavoro.
anticipare la pensione

Arrivare a prendere la pensione è una fatica vera e propria. Anni ed anni di carriera lavorativa, con tanti contributi versati che si rendono necessari per accedere alla quiescenza in anticipo. Rischiare di perdere la pensione dopo averla percepita è senza dubbio una situazione spiacevole in cui imbattersi. Il rischio esiste però. Bisogna prestare attenzione e oggi vedremo tutti i perché. Ecco il fatale errore da non commettere con la pensione, perché l’INPS la può togliere al pensionato. Con conseguenze che vanno anche oltre il semplice fatto di perdere il rateo mensile della prestazione.

Ecco il fatale errore da non commettere con la pensione

In Rete si legge ovunque che la pensione viene tolta al pensionato che commette un macroscopico errore. Quello di tornare a lavorare dopo aver percepito la prestazione. In linea di massima nulla impedisce ad un lavoratore di prendere la pensione e continuare a lavorare. Altrimenti il supplemento di pensione spettante a chi continua a versare contributi dopo aver preso la pensione, non avrebbe senso di esistere. Ma ci sono delle misure che non consentono di lavorare mentre si è in pensione. In genere questo vale per alcune misure di pensionamento anticipato e vale solo per la durata dell’anticipo preso. Di fatto, il cosiddetto divieto di cumulo dei redditi da pensione con i redditi da lavoro dura giusto il tempo di arrivare a 67 anni di età. In quel caso questo vincolo sparisce e la pensione al contribuente non la leva più nessuno.

Dove vige il divieto di cumulo e come fare ad evitare conseguenze

Il lavoro svolto durante la pensione, salvo il caso di lavoro autonomo occasionale, e fino al tetto massimo di 5.000 euro annui, non è ammesso per la Quota 103 e per l’Ape sociale. Quindi, chi è uscito dal lavoro con una di queste due misure, se torna a lavorare rischia seriamente che l’INPS blocchi l’assegno previdenziale conseguito. E tutte le mensilità di pensione percepite precedentemente, ed a partire dal primo mese dell’anno dove il ritorno al lavoro si è materializzato, devono essere restituite all’INPS come somme indebitamente percepite. Ripetiamo, questo vale fino ai 67 anni di età. In pratica chi esce dal lavoro a 62 anni con la quota 103, sottostà a questo vincolo per 5 anni. Lo stesso vale per l’Ape sociale, per la quale si esce dal lavoro a partire dai 63 anni e 5 mesi.

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