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Pensioni statali, niente più obbligo di pensionamento prima dei 67 anni

Si potrebbe dire definitivamente addio al collocamento a riposo d’ufficio: ecco la proposta che potrebbe piacere agli statali (e potrebbe anche essere attuata).

Per gli statali spunta una possibilità che potrebbe destare l’interesse di molti: poter rimanere al lavoro fino a 67 anni e oltre senza che intervenga il collocamento a riposo di ufficio. Gli statali, oggi, quando raggiungono il diritto alla pensione sono obbligati ad accedere, anche prima dei 67 anni se hanno versato i 42 anni e 10 mesi di contributi richiesti dalla pensione anticipata.

Anche per i dipendenti pubblici, per, potrebbero essere previsti incentivi per restare al lavoro una volta raggiunto il diritto. Si supererebbe, quindi, il collocamento a riposo forzato che molti non accettano di buon grado, che interviene a 65 anni per chi ha raggiunto il diritto alla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne)

La vecchia idea (perché non si tratta di una proposta che fa capolino in questi mesi) di permettere la permanenza in servizio oltre i 67 anni anche agli statali fa di nuovo capolino, ma oggi sembra avere concrete possibilità di essere attuata. Anzi, potrebbe essere accompagnata anche da un incentivo da destinare a chi resta in servizio.

L’obiettivo è quello di evitare che dalla pubblica amministrazione escano dipendenti esperti, ma anche non lasciare vuoti ruoli importanti.

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Addio collocamento a riposo d’ufficio

Per molti dipendenti statali il collocamento a riposo d’ufficio non è mai una pratica attesa: soprattutto nel mondo della scuola i docenti vorrebbero accompagnare gli alunni a conclusione del ciclo scolastico e, oggi, si trovano costretti ad accettare il pensionamento forzata, magari a 65 anni, anche se non vorrebbero.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti sembra molto interessato a questa proposta e la approva, mentre i sindacati sembrano essere contrari. Da considerare che un’operazione di questo genere, che porterebbe molti dipendenti statali a restare in servizio, potrebbe comportare ingenti risparmi sul piano previdenziale, in un momento in cui si cercano disperatamente le coperture per la Legge di Bilancio 2025.

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Rimanere al lavoro è una scelta

Per chi non scatta il collocamento a riposo d’ufficio, però, l’opzione di pensionarsi lo stesso (avendo raggiunto i requisiti di accesso) non viene meno. La permanenza in servizio sarebbe, quindi, una scelta volontaria per i quali i dipendenti pubblici potrebbero optare o no. I requisiti per accedere alla pensione, infatti, rimarrebbero immutati e la norma cambierebbe solo per quel che concerne il pensionamento forzato per chi:

  • al compimento dei 65 anni ha maturato i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne);
  • al compimento dei 67 anni ha raggiunto il diritto alla pensione di vecchiaia.

Oggi il trattenimento il servizio dopo il compimento dei 67 anni può essere richiesto solo da chi non ha maturato i 20 anni di contributi minimi per accedere alla pensione di vecchiaia e solo nel caso che entro i 71 anni lo maturi.

È possibile che per convincere quanti più statali possibili ad accettare di rimanere al lavoro dopo i 67 anni (o dopo i 65) possa essere inserito qualche incentivo (un po’ come si è fatto per convincere i medici a restare in servizio fino a 72 anni).

Va sottolineato che si tratta di un’operazione che non ha nessuno costo per le casse dello Stato, che ne trarrebbero solo vantaggio.