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Redditi bassi ma con molti movimenti sul conto: cosa può fare il Fisco

Hai un reddito basso ma movimenti elevati sul conto? Scopri quando il Fisco può intervenire e come difendersi in caso di controlli.

Un contribuente dichiara un reddito modesto, ma sul suo conto corrente si registrano entrate e uscite continue, a volte anche consistenti. In questi casi, il Fisco può intervenire? E fino a che punto può spingersi nei controlli? È una situazione più comune di quanto si creda, soprattutto tra lavoratori autonomi, piccoli imprenditori, liberi professionisti e anche privati cittadini.

Coerenza tra reddito e tenore di vita

L’Agenzia delle Entrate si basa su un principio molto semplice: il tenore di vita deve essere compatibile con il reddito dichiarato. Se una persona sostiene spese elevate, acquista beni costosi o effettua movimenti bancari rilevanti, ma dichiara un reddito basso o nullo, scatta il sospetto di evasione fiscale.

Per esempio, chi dichiara 10.000 euro l’anno ma ha movimenti sul conto per 50.000 euro, rischia un accertamento. Il Fisco può chiedere spiegazioni e, se non vengono fornite giustificazioni adeguate, può procedere a una rettifica del reddito e a una richiesta di pagamento di imposte, sanzioni e interessi.

I controlli sui conti correnti del Fisco

L’Agenzia delle Entrate può accedere ai dati bancari dei contribuenti attraverso il sistema dell’Anagrafe dei rapporti finanziari, che raccoglie informazioni su conti correnti, carte di credito, investimenti, polizze assicurative e altro. I dati non vengono controllati in automatico per ogni contribuente, ma possono essere utilizzati in caso di accertamenti o analisi del rischio fiscale.

I controlli si fanno più probabili se:

  • il contribuente è già oggetto di attenzione (per esempio, a seguito di una segnalazione o un precedente controllo);
  • i dati fiscali dichiarati non tornano con il tenore di vita;
  • emergono incongruenze da incroci tra redditi, spese, bonifici, ricariche o prelievi.

Chi viene chiamato a spiegare movimenti sospetti sul proprio conto deve essere in grado di dimostrare l’origine lecita delle somme. Alcuni esempi di giustificazioni accettabili:

  • prestiti ricevuti da familiari (meglio se con scrittura privata e tracciabilità);
  • risparmi accumulati nel tempo (da dimostrare con prelievi o vecchi depositi);
  • vendite di beni personali (da documentare con contratti o bonifici);
  • rimborsi o indennizzi (accompagnati da opportuna documentazione).

In mancanza di prove, il Fisco può considerare le somme come “redditi non dichiarati”, anche se provengono da donazioni, vendite informali o attività saltuarie.

Anche se non si è evasori, è importante mantenere coerenza tra ciò che si dichiara al Fisco e i movimenti finanziari, conservando sempre documentazione utile per giustificare eventuali operazioni. La trasparenza è la miglior difesa contro accertamenti fiscali imprevisti.