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Riforma pensioni a 62 anni nel 2024, tagli ma anche premi

Una cosa appare certa. Diverse proposte e ipotesi di riforma delle pensioni nel 2024 partono dai 62 anni come età anagrafica di uscita. Diverse parti in causa di questa specie di piattaforma che è stata predisposta per discutere del futuro delle pensioni propongono uscite a 62 anni di età. Certo, ogni proposta ha le sue differenze. E molte proposte non sono nemmeno nuove, perché provengono dal passato. Eppure, il minimo comune denominatore resterebbe questa fantomatica uscita a 62 anni. La stessa della odierna quota 103. Ma sarebbero misure flessibili. Perché la quota 103 di flessibile ha poco visto che servono ben 41 anni di contributi versati. Ma quali sarebbero queste vie di uscita?

A 62 anni con un taglio di assegno e poi pensione piena e con premio a 67 anni

Quota 103 poco flessibile quindi. E secondo noi con evidenti difetti strutturali. Ad una donna che potrebbe uscire a dicembre con la pensione anticipata ordinaria con 41 anni e 10 mesi, la quota 103 permetterebbe di uscire a febbraio. In entrambi i casi bisogna attendere tre mesi come finestra per la decorrenza del trattamento. Solo 10 mesi di anticipo quindi. Buoni senza dubbio, ma con evidenti controindicazioni che adesso approfondiremo. Per gli uomini l’anticipo sarebbe più cospicuo (servono 42 anni e 10 mesi per le anticipate dei lavoratori) ma allo stesso tempo sempre con alcune cose da chiarire. Con la quota 103 uscendo con 41 anni le donne anticipano di 10 mesi la quiescenza, gli uomini di 22 mesi. Può sembrare poco, ma si tratta pur sempre di 10 o 22 mesi in meno di contribuzione versata, che determinano un ammanco della prestazione. A cui aggiungere il minor coefficiente utilizzato a 62 anni rispetto ai 63, 64 o così via dicendo. E con la quota 103 vigono due limitazioni importanti. La prima relativa all’assegno che non può superare le 5 volte il trattamento minimo. In pratica, anche se il pensionato ha diritto a una pensione superiore, fino a 67 anni ed alla sua pensione di vecchiaia, dovrà subire il limite di Quota 103. E poi, non potrà svolgere altre attività lavorative. Con la quota 103 non si può cumulare il reddito da pensione con quello da lavoro. Unica eccezione è rappresentata dal lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro annui.

Due vie per la riforma pensioni a 62 anni nel 2024 tra premi e tagli dell’8%

Alla ricerca di pensioni flessibili, così chiedono i lavoratori, così forse sarà la futura riforma delle pensioni. E con uscita a partire dai 62 anni e almeno 35 di contributi versati. Si tratterebbe di una nuova misura con una penalizzazione massima pari all’8% dell’assegno. Penalizzazione che deriva dal fatto che la pensione è calcolata a 62 anni solo con la quota contributiva. Una proposta che in campagna elettorale sembrava essere dentro alcuni esponenti del partito della Premier Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia e Walter Rizzetto). Ma è una proposta a suo tempo avanzata pure da Pasquale Tridico, Presidente dell’INPS. la quota retributiva e quindi il ripristino di qull’8% a 67 anni di età. Anzi, se l’impatto sui conti pubblici lo permette, a 67 anni anche un premio. Magari “donando” al lavoratore una specie di contribuzione figurativa alternativa per gli anni di anticipo. Ipotesi tutte da valutare, così come da valutare la fattibilità di una misura del genere.

A 62 anni contributiva per tutti? ecco come

Aprire opzione donna anche agli uomini è una cosa fattibile? c’è chi crede di si, perché il taglio di assegno della pensione, la rende poco appetibile e quindi a platea contenuta. Inoltre, sempre in virtù del taglio che esce fuori dal calcolo contributivo della prestazione, è evidente che alla lunga lo Stato riesce a recuperare quanto speso per concedere l’anticipo di quiescenza ai richiedenti. Ma se nemmeno la proroga 2023 di opzione donna è stata fatta “tout court”, nel senso che è stata ridotta la platea di riferimento e aumentata l’età da 58 a 60 anni, evidente che estendere a tutti la pensione a 58 anni è improponibile. Ecco però che opzione per tutti a 62 anni non suonerebbe male. Naturalmente fissando sempre a 35 anni la carriera contributiva utile alla fruizione della prestazione e imponendo il calcolo contributivo dell’assegno. Contributivo che resta la condizione “sine qua non” per poter accedere ad una misura di pensionamento anticipato a 62 anni di età con la riforma.